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Cluniacense, architettura

Clunyii | Cluniacense, Architettura | Storia

Sommario: 1. Definizione – Etimologia2. Le strutture: Cluny A, Cluny I, Cluny II3. Cluny IIIBibliografia

1. Definizione – Etimologia

Architettura riferita al monastero di Cluny (Borgogna) e alle chiese affiliate all’ordine relativo. L’abbazia, fondata nel 909 o 910, era esente da ogni giurisdizione civile ed ecclesiastica ed era direttamente soggetta al solo pontefice, prerogativa che si estenderà anche a tutte le dipendenze, configurando quindi la struttura di un ordine fortemente centralizzato con a capo l’abate di Cluny. Tale peculiarità ha indotto a pensare all’esistenza di un’architettura cluniacense (école clunisienne, secondo la definizione di Viollet-le-Duc), intesa come esito e riverbero di indirizzi programmatici unitari, riscontrabile non solo nella cerchia delle dipendenze o filiazioni di Cluny.

2. Le strutture: Cluny A, Cluny I, Cluny II

La conoscenza del complesso abbaziale di Cluny, in gran parte distrutto nel corso del XIX secolo, si deve alle indagini archeologiche di Kenneth John Conant, avviate nel 1928: lo studioso riscontrava alcune murature in opus spicatum che ascriveva a Cluny A, ovvero la cappella esistente prima della fondazione dell’abbazia. La prima chiesa abbaziale (Cluny I), consacrata nel 927, era ad aula unica, mentre per il coro veniva ipotizzata una scansione tripartita. Cluny II, edificata tra il 948 e il 981, presentava un’articolazione a tre navate con un transetto correlato ad un coro tripartito desinente in tre absidi. Al coro erano addossati due vani quadrangolari, che il Conant identificava nelle cryptae menzionate dalla coeva documentazione (consuetudines), mentre le estremità di ciascun braccio del transetto accoglievano un’ulteriore abside, configurando quindi uno “chevet à chapelles échelonnées” (coro ad absidi scalari o ‘a gradoni’).
Tale restituzione planimetrica è stata parzialmente modificata da Christian Sapin (1990), il quale aveva ipotizzato che le murature ad opus spicatum al di sotto del coro, dal Conant ascritte a Cluny A, potevano invece essere parte di una cripta ad oratorio eretta al principio dell’XI secolo. La scansione planimetrica del coro di Cluny II è stata riconosciuta come elemento peculiare della “architettura cluniacense”, infatti soluzioni simili (ma senza i vani laterali) si riscontravano a Paray-le-Monial oppure a Souvigny; invece a Romainmôtier (inizi XI sec.) si rinunciava alle absidi del transetto, e a Payerne (1080 ca.) si mantenevano le cinque absidi scalate lungo il transetto. Lo chevet à chapelles échelonnées si riscontrava nell’XI secolo in Italia settentrionale in edifici non direttamente legati a Cluny, come il S. Giusto di Susa, la cattedrale di Bobbio e il duomo di Acqui. L’adozione di tale soluzione planimetrica in area padana, forse correlata ad usi liturgici comunitari, si doveva al tramite di Guglielmo da Volpiano, monaco cluniacense e abate di S. Benigno a Digione, fondatore nel 1003 dell’abbazia di Fruttuaria in Piemonte (Segagni Malacart, 1998). Agli inizi dell’XI secolo alla facciata di Cluny II era stato addossato un avancorpo, chiamato galilea, articolato in tre navate e a due piani. Se il piano terreno accoglieva i fedeli, quello superiore era di uso strettamente monastico, funzionale alle numerose celebrazioni per i defunti, configurando un elemento liturgico ed architettonico strettamente cluniacense (Krüger, 2003).

3. Cluny III

Il 30 settembre 1088 veniva fondata la nuova chiesa abbaziale e il pontefice Urbano II, il 15 ottobre 1095, ne consacrava due altari mentre altri tre erano consacrati da prelati al suo seguito. Sulla scorta di tali dati Conant (1968) aveva ipotizzato che nel 1095 il grandioso coro a deambulatorio fosse già eretto, e che la chiesa fosse sostanzialmente compiuta entro il 1115. Diverse sono invece le conclusioni di Francis Salet (1968) che, esaminando il braccio meridionale del grande transetto (sopravvissuto alle distruzioni) e riscontrando un sostanziale cambiamento del progetto originario, ipotizzava che la costruzione fosse stata avviata proprio da tale elemento architettonico, e che il coro fosse stato eretto ante 1120, mentre l’analisi dell’apparato scultoreo correlato alle attestazioni documentarie conduceva Neil Stratford (1998) ad ascriverlo ad una fase intermedia (1095-1110). L’edificio presentava una complessa scansione planimetrica, era articolato in cinque navate intersecanti due transetti absidati e desinente in un ampio coro con deambulatorio a cappelle radiali. La storiografia ha voluto riscontrare nella simile articolazione delle cosiddette “chiese di pellegrinaggio” (Saint-Martin, Tours; Saint-Martial, Limoges; Sainte-Foy, Conques; Saint-Sernin, Toulouse; Santiago de Compostela) una peculiare caratterizzazione “cluniacense” giustificata dall’interesse dell’ordine per le vie di pellegrinaggio, specialmente per quelle dirette a Santiago. Tale ipotesi è stata in seguito ricalibrata (Lyman, 1988; Werckmeister, 1988), ponendo in evidenza come il deambulatorio di Cluny III sia stato concepito per rendere accessibile la liturgia monastica al pubblico laico, nella volontà di inserire la chiesa abbaziale all’interno dei flussi di pellegrinaggio. Un’indagine sui priorati cluniacensi di Lombardia (Piva, 1998) ha messo inoltre in risalto che l’adozione di precisi modelli, come il transetto con torre sottocupolata d’incrocio oppure l’esteso santuario tripartito e comunicante, poteva rispondere più ad esigenze di uso liturgico che ad una programmazione architettonica centralizzata.

Bibliografia

Baud A., Cluny. Un grand chantier médiéval au cœur de l’Europe, Paris, 2003; Conant K. J., Les églises et la maison du chef d’ordre, Mâcon, 1968; Edson Armi C., Masons and Sculptors in Romanesque Burgundy. The New Aesthetic of Cluny III, Pennsylvania State University, 1983; Evans J., The Romanesque Architecture of the Order of Cluny, Cambridge, 1938; Gandolfo F., Cluniacensi, in Enciclopedia dell’arte medievale, IV, Roma, 1994, pp. 121-130; Heitz C., Réflexions sur l’architecture clunisienne, in «Revue de l’art», 1972, 15, pp. 81-94; Salet F., Cluny III, in «Bulletin monumental», 1968, 126, pp. 233-292; Krüger K., Die romanischen Westbauten in Burgund und Cluny. Untersuchungen zur Funktion einer Bauform, Berlin, 2003; Lyman T. W., The Politics of Selective Eclecticism: Monastic Architecture, Pilgrimage Churches, and “Resistance to Cluny”, in «Gesta», XXVII, 1988, pp. 83-92; Piva P., Architettura monastica nell’Italia del Nord. Le chiese cluniacensi, Milano, 1998; Sapin C., L’abbatiale de Cluny II sous saint Hugues, in Le gouvernement d’Hugues de Semur à Cluny. Actes du colloque scientifique international, Cluny, 1990, pp. 435-460; Segagni Malacart A., Attestazioni padane di transetti e cori articolati in progressione scalare nella prima metà del secolo XI, in Cau E., Settia  A. A.(a cura di), San Maiolo e le influenze cluniacensi nell’Italia del Nord. Atti del Convegno Internazionale nel Millenario di San Maiolo (994-1994), Como, 1998, pp. 105-114; Stratford N., Studies in Burgundian Romanesque Sculpture, London, 1998; Viollet-Le-Duc E., Dictionnaire raisonné de l’architecture française du XIe au XVIe siècle, I, Paris, 1854, pp. 241-312; Werckmeister O.K., Cluny III and the Pilgrimage to Santiago de Compostela, in «Gesta», XXVII, 1988, pp. 103-112. 

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