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Controriforma, architettura della

Chiese romane: A - Chiesa del Gesù, Vignola; B - San Barnaba, G. Alessi; C - Chiesa di Santo Spirito in Saxia, A. da Sangallo il Giovane; D - San Fedele, P. Tibaldi.
Chiese romane: A - Chiesa del Gesù, Vignola; B - San Barnaba, G. Alessi; C - Chiesa di Santo Spirito in Saxia, A. da Sangallo il Giovane; D - San Fedele, P. Tibaldi.

Definizione

Con l’espressione architettura della Controriforma si intende quell’architettura che, recependo le indicazioni teologico-liturgiche del Concilio di Trento, adatta e trasforma lo spazio sacro, sia in edifici di nuova edificazione, sia negli interventi di riqualificazione, in linea con le indicazioni teorizzate nel dibattito conciliare. Tale architettura pertanto si orienta verso una drastica e radicale semplificazione tipologica, spaziale e stilistica, in decisa rottura con la cultura del primissimo Cinquecento, intrisa del fascino e apprezzamento della classicità e delle mitologie precristiane, che aveva caratterizzato ad esempio l’opera di Bramante e Raffaello. Il fenomeno è riscontrabile sino alla fine del XVII secolo; l’età barocca, in forme diverse da quelle del secolo precedente, declinerà le nuove istanze rinnovatrici.

Generalità

Nella storia della Chiesa il concetto di Riforma cattolica e quello di Controriforma presuppongono la designazione storica della crisi protestante. Taluni Autori utilizzano l’espressione Restaurazione cattolica; altri adottano l’espressione Riforma cattolica per indicare quel rinnovamento di sé operato dalla Chiesa, specialmente in Italia e Spagna, nei secoli XV e XVI. Tale definizione è completata dal concetto di Controriforma, che individua propriamente la capacità di risposta alla crisi protestante; la Chiesa, rinnovata e rafforzata internamente dopo il Concilio di Trento (1545-1563), riconquista parte del terreno perduto riaffermando l’assolutismo confessionale della cattolicità.
Il fenomeno della Riforma cattolica trova nell’esigenza di innovazione rigorista della Chiesa come istituzione un punto di contatto con l’iniziale posizione luterana, ma si differenzia presto dalle convinzioni del riformatore tedesco, puntando a un rinnovamento dall’interno. Matura in questo senso un cambiamento che coinvolge anche l’istituzione, dal papa ai vescovi, alla curia romana, alle diocesi, al clero, una rinascita che sappia ritrovare il vero spirito della cristianità. In proposito si richiama la Bolla di Paolo III dell’11 febbraio 1536 i cui contenuti riportano indicazioni volte ad un recupero della pratica liturgica dei sacramenti che rinvigorisse la cristianità nella sua vera essenza.
In questo clima fioriscono numerose esperienze religiose comunitarie (laiche e non) che puntano a una riscoperta dell’originario spirito evangelico: così l’eremitismo rinnovato, gli oratori, i numerosi nuovi ordini religiosi sorti alla sequela dei santi fondatori (Fatebenefratelli, Orsoline, Camilliani, Gesuiti, Servi dei Poveri, Teatini, Barnabiti ecc.). Il felice riverbero di queste esperienze rinnovatrici è riscontrabile nella serie di esperienze attive nella città di Roma, cuore della cattolicità.

La declinazione in architettura

Roma nel Cinquecento

Nella declinazione storico-architettonica è opportuno riferirsi alle problematiche maturate nel corso del XVI secolo a Roma, cuore della cristianità e luogo in cui il fenomeno architettonico meglio si evidenzia fin dal suo sorgere. In questo senso altro importante dato storico da considerare è il Sacco del 1527, che costituisce lo spartiacque fra il periodo delle grandiose edificazioni dei primi anni del Cinquecento e gli anni Quaranta-Settanta dello stesso secolo. Il primo periodo, animato dallo sfarzo e dalla magnificenza rinascimentale, vivo fin dal tempo di Nicolò V, aveva guidato le progettazioni urbane e architettoniche (ricostruzione della basilica vaticana e realizzazione dei palazzi adiacenti, vicenda della chiesa del San Giovanni dei Fiorentini ecc.) quali strumenti di esaltazione delle fortune umane dei grandi committenti (Giulio II, Leone X, Clemente VII). Il secondo periodo è caratterizzato dal fiorire di decine e decine di piccole chiese e oratori, per iniziativa di quei gruppi di spiritualità rinnovata sopra citati. Da richiamare come proprio lo scandalo della vendita delle indulgenze per la costruzione del nuovo San Pietro sia stata la scintilla che ha innescato la protesta luterana. Le devastazioni del Sacco apparvero, agli occhi di chi le attuò e dei contemporanei, come la giusta punizione, voluta da Dio, per la Chiesa romana mondanizzata e paganizzata. Le articolate e complesse spazialità vive nelle ricerche progettuali di San Pietro (iniziate da Bramante nel 1503, e che termineranno solo con Bernini nel 1667) e di San Giovanni dei Fiorentini (iniziate con il concorso del 1518, e che termineranno nel 1734-1738 con A. Galilei) vengono sostituite, quasi in contrapposizione, da tipologie di una voluta disarmante semplicità: sia gli oratori che le piccole chiese realizzati fra gli anni Trenta e gli anni Sessanta sono definiti da sale rettangolari, con altare sulla parete di fondo senza alcuna distinzione dalla sala, e la copertura è quasi sempre piana. Nel caso di organismi meno piccoli, nelle pareti laterali si collocano altari contenuti entro incassi o inseriti in contratte cappelle, è il caso ad esempio di Santa Maria della Purità in Borgo (1527-1530), Santa Marta in Vaticano, l’oratorio del Crocifisso a San Marcello al Corso di G. Della Porta, Santa Maria della Pietà a piazza Colonna (1548-1561), Sant’Andrea in via Flaminia del Vignola, Santa Caterina dei Funari di G. Guidetti (1560-1564), l’Annunziata del padre Tristano e altri (1561). Tra essi si segnala in particolare il complesso di San Giovanni Decollato (1534-1543) di Antonio e Francesco da Sangallo, con oratorio, chiesa, ambienti della confraternita coordinati e distribuiti da un chiostro centrale.

Il concilio di Trento

Un cenno particolare va dedicato al periodo del Concilio di Trento in cui maturano le necessarie linee guida che condurranno al modello spaziale del Gesù in Roma, opera del Vignola. A proposito dell’influenza del tipo delle piccole chiese nella formulazione progettuale del Gesù si ricordi la lettera del cardinale Farnese all’architetto in cui si raccomandano le caratteristiche della fabbrica: navata unica – come la volevano i Gesuiti e come avevano già sperimentato nella chiesa dell’Annunziata – con volta a botte e cupola – come desiderava il cardinale (i padri avrebbero voluto una copertura piana lignea). Nel dibattito tridentino emergono indicazioni precise, ma indirette, circa l’architettura (a differenza della formalizzazione del Decreto sulle sacre immagini del 3 dicembre 1563). Infatti, anche se non viene dichiarata nessuna esplicita condanna o prescrizione, nelle due bolle di Paolo IV del 1564 e del 1565, riferite ai comportamenti immorali e mondani dei laici nelle chiese (ad esempio, si interdice agli uomini di portare armi nelle chiese, si ingiunge alle cortigiane e alle meretrici di non passeggiare nelle chiese durante le cerimonie per adescare clienti) e anche in riferimento alle indicazioni già contenute nella bolla di Paolo III (1536) – che ribadiva il valore salvifico dei sacramenti, primo fra tutti l’Eucarestia – emergono orientamenti indiretti affinché vi fosse contestualmente un recupero e una valorizzazione dell’altare, fulcro della spazialità dell’intero organismo, e una distribuzione interna che evitasse i comportamenti condannati. Ci si orienta per spazialità unitarie, non divise in navate, in una riduzione della ricerca architettonica, che risponda alle richieste di essenzialità e di minor lusso, finalizzata all’esigenza di concentrare l’attenzione dell’assemblea liturgica sulla predicazione e sulla centralità del Mistero Eucaristico sull’altare.
In tal senso il Gesù di Roma, iniziato nel 1568 a opera di Jacopo Barozzi, successivamente ad altre piccole fabbriche volute dai Gesuiti, come l’Annunziata al Collegio Romano del Tristano, dal 1561, stabilizza la tipologia di chiesa della Controriforma: lo schema delle piccole realizzazioni prima enunciate, tutte ad aula, unica lievita dimensionalmente e a esso vengono aggiunte cappelle laterali lungo lo spazio della navata coperta con volta a botte. Il tutto è concluso e fuso da un sistema monumentale centrico composto da transetto-presbiterio-cupola. Lo schema indicato verrà riproposto, nei decenni finali del secolo, per i più significativi impianti religiosi romani: Santa Maria in Traspontina (iniziata quasi contemporaneamente al Gesù, terminata negli anni Ottanta), Sant’Andrea della Valle (iniziata alla fine degli anni Ottanta del XVI secolo), la Chiesa Nuova (1575-1605), San Giovanni dei Fiorentini (corpo di fabbrica principale), San Girolamo degli Schiavoni (1588).

Milano

Altro centro importante per quanto concerne l’individuazione di esempi attestati sulla tipologia post-conciliare è Milano. Qui la declinazione architettonica delle indicazioni tridentine viene veicolata dalla figura di Carlo Borromeo (1538-1584) il quale, appena eletto vescovo (1563), secondo le nuove indicazioni conciliari si trasferisce nella diocesi ambrosiana assegnatagli. Altrettanto significativa la presenza dei Barnabiti, fondati proprio a Milano come Congregazione dei Chierici Regolari di San Paolo fin dal 1530-1532, i quali con la chiesa madre dei Santi Paolo e Barnaba, opera di G. Alessi (1561-1567), indicano di aver recepito quasi in anticipo le linee progettuali romane in materia di spazio sacro: unica navata coperta a botte con cappelle laterali, pseudotransetto con altare, profondo coro presbiteriale dei padri.
Il caso del Sant’Angelo di Giunti (Milano, 1552-1555), costituisce un esempio di anticipazione della tipologia post-tridentina. Come afferma W. Lotz (1997, p.136) “[Giunti] riallestì in modo molto originale il tipo della chiesa conventuale a navata unica, che gli era familiare dalla sua Toscana nativa. La navata è coperta da una volta a botte e in corrispondenza dei muri divisori sono collocate paraste ioniche scanalate. […]  Transetto e coro sono destinati alla liturgia, la navata alla predica. Come nella maggior parte delle chiese francescane l’esterno è molto semplice. L’importanza dell’edificio risiede nella disposizione semplice, funzionale e tuttavia innovativa dell’interno”. Ai casi citati si aggiungano altri due noti esempi: il San Fedele a Milano di Pellegrino Pellegrini (1569) e la chiesa del Redentore a Venezia di Palladio (1577).
È del 1577 il vero e proprio trattato delle Instructiones fabricae con cui il Borromeo puntualizza indicazioni progettuali precise, in riferimento all’architettura a partire dai decreti tridentini. Tuttavia pur stilando un trattato, il cardinale Borromeo non intende formulare norme e prescrizioni teorico-proporzionali sul modello consueto della trattatistica rinascimentale (in continuo riferimento ai canoni della classicità romana pagana) bensì, anche nei modelli da imitare, sposta l’attenzione e il riferimento ai tempi apostolici. Così scrive: “In quanto poi alle molte e belle cose che sono proposte e trattate con saviezza, competenza ed esaurientemente dagli scrittori di architettura intorno allo splendore delle sacre Basiliche e degli altri edifici sacri, noi pensiamo che sia necessario ricorrere al parere di architetti periti: così pure esortiamo ad imitare nelle sacre costruzioni l’antica pietà e religione dei fedeli destatasi già nei tempi Apostolici […]”. I riferimenti formali vanno, quindi, attinti dalla Chiesa d’origine, dalla Chiesa dei primi secoli. L’attenzione di fondo è spostata dai problemi stilistici e formativi del dibattito anticheggiante agli aspetti tematici contenutistici e costruttivi delle fabbriche religiose. Seguono altre indicazioni per gli operatori sulle articolazioni percettive e formative in funzione di una riqualificazione liturgica dell’edificio, che deve essere innanzitutto strumento di esaltazione della gloria di Dio, come si legge ancora nelle Instructiones: “Ciò che in modo generico riguarda ogni costruzione ecclesiastica è che, nella fabbrica e nelle decorazioni della chiesa, della cappella, dell’altare e di qualunque altra parte che abbia relazione con l’uso e decoro della chiesa, non si esprima né si rappresenti alcuna cosa che sia aliena alla pietà e alla religione ovvero profana, deforme, turpe od oscena, o che infine ostentando magnificenza mondana o distintivi di famiglie, offra l’apparenza di opera gentilizia”. E a proposito degli ordini architettonici e del rapporto architetto-committente ancora prosegue: “Non si proibisce tuttavia che per la solidità della costruzione (se il genere dell’architettura lo richiede) si faccia qualche lavoro di stile dorico, ionico, corinto od altrettale. Di tutto ciò abbiano attenta cura i preposti alla fabbrica e gli architetti […] e soprattutto sia premura del Vescovo di sorvegliare perché i medesimi non si permettano di fare alcunché di riprovevole nella costruzione”.

Trasformazioni di chiese preesistenti

Ancora in ultima analisi si deve porre l’attenzione agli interventi di adeguamento liturgico sulle chiese preesistenti, cosa che si verificò in molte diocesi italiane. Si vedano le trasformazioni di Santa Maria Novella e di Santa Croce a Firenze (opera di Vasari, degli anni Sessanta), la cattedrale di Volterra (opera di F. da Volterra), la ristrutturazione del presbiterio del Duomo di Milano (opera di Pellegrino Pellegrini), Santa Maria sopra Minerva e Santa Maria in Aracoeli a Roma, tutte operazioni di riqualificazione interna volte a recuperare una continuità spaziale funzionale e liturgica tra altare-pulpito-fedeli, eliminando gli elementi che frammentavano l’ambiente con tramezzi, recinti, cori, iconostasi ecc., per lo più collocati davanti all’area dell’altare.
Si possono altresì annoverare fra le tipologie post-tridentine i tanti collegi d’istruzione, primi fra tutti quelli fondati dai Gesuiti, sorti in tutto il mondo fin dagli anni Quaranta del XVI secolo (a Parigi nel 1542, a Goa in  India nel 1543, in Messico nel 1545, a Messina nel 1550, a Roma il Collegio Romano iniziato nel 1582 ecc.) che rispondevano al doppio intento di realizzare opere a scopo educativo e contemporaneamente all’intento di reclutare nuovi adepti per l’ordine gesuita.

Bibliografia

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