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Finestra, finestrone (storia)

Roma, Villa Giulia 1551-53 , finestra inginocchiata della facciata principale su disegno di Jacopo Barozzi da Vignola (foto M. Morbidelli, 2011).
Roma, Villa Giulia 1551-53 , finestra inginocchiata della facciata principale su disegno di Jacopo Barozzi da Vignola (foto M. Morbidelli, 2011).

Definizione

Dal lat. fenestra, apertura praticata nello spessore di una parete esterna di un edificio con funzione d’illuminazione, ricambio d’aria, possibilità di visione e comunicazione all’esterno. Viene definita luce la sua apertura libera che può essere monofora o polifora a seconda se possieda una o più luci. In genere le aperture architettonicamente notevoli per struttura o dimensione sono definite finestroni. Gli elementi che compongono la finestra sono: ai lati gli stipiti, detti anche spalle o piedritti, che sorreggono in alto l’architrave, la piattabanda o l’arco e che poggiano in basso sulla soglia o davanzale posti sopra il parapetto. Quando quest’ultimo non è presente e la soglia si abbassa al livello del calpestio, per permettere l’accesso a un balcone o terrazzo, si parla di portafinestra. Per incrementare la luce e l’aria gli stipiti possono essere strombati o a sguincio, ossia vengono tagliati obliquamente creando un imbotto interno, di rado anche esterno. Generalmente la finestra è munita di infissi di chiusura in legno o metallo, fissi o mobili, costituiti da telai che sorreggono pannelli trasparenti di vetro (il tipo a due ante a battente è detta finestra alla francese) e sistemi di oscuramento quali sportelli, persiane, veneziane o tapparelle.

Generalità

Il tipo più semplice e diffuso è costituito da una bucatura quadrangolare ritagliata nella superficie esterna, coperta con architrave rettilineo o archivolto. L’architrave si può articolare divenendo aggettante o a frontone, con o senza stipiti a rilievo, lisci o decorati con successive elaborazioni dei suoi componenti cui possono essere aggiunte cimase, mensole, colonne, pilastri e articolazioni varie. Le finestre arcuate in genere presentano una cornice a rilievo in corrispondenza dell’arco, liscia o modanata, con o senza elementi di laterizio o pietra a vista, in conci o bugne, che si arrestano all’imposta o proseguono fino alla soglia. A questo tipo si ricollegano le finestre circolari o ovali. La forma del vano può essere anche più elaborata, triangolare, trapezoidale, rastremata in alto (vitruviana), lobata, ovvero con profilo a più curve, centrate o policentriche, e anche mistilinea. Le piccole aperture sopra una finestra sono dette sopraluci, occhi o lunette. Una finestra con parapetto affiancata a una portafinestra è detta a bandiera. Un tipo particolare è il bowindow: diffuso nel Nord Europa e nel Nord America (in Oriente con caratteristiche differenti) costituisce una proiezione all’esterno della finestra attraverso due o più sguinci; si sviluppa su uno o più livelli, può essere in aggetto (oriel) o poggiare a terra. Si dice finestra cieca quella simulata su una parete chiusa.

Storia

Le sue caratteristiche architettoniche contribuiscono alla composizione del prospetto cui appartengono e nei vari periodi storici acquisiscono caratteri propri in funzione del gusto del tempo e delle tipologie degli edifici. Nell’antichità la finestra è rara sia nelle residenze che nelle architetture rappresentative e di forma rettangolare o trapezoidale, mentre nelle terme si codifica l’uso di grandi finestroni arcuati spesso suddivisi da pilastrini (finestra termale, detta poi palladiana).
Nell’architettura religiosa medievale la finestra è spesso simbolo di luce divina e la sua forma, dimensione e collocazione cambia in funzione della liturgia e della spiritualità dell’epoca. Nelle chiese romaniche i grandi spessori murari sono ritagliati da piccole monofore a sguinci profondi, schermate da lastre di alabastro o transenne. Le finestre più grandi sono costituite da polifore inquadrate da archi multipli concentrici poggianti su propri piedritti a piani rientranti o dai rosoni con schema a raggiera. Un caso particolare è costituito dalla finestra a croce, diffusa poi nel primo Rinascimento, dove il vano rettangolare è suddiviso a metà sia in altezza che in larghezza. Gli archivolti possono essere policromatici con alternanza di materiale lapideo e laterizio o con pietra di diverso colore.
I grandi progressi nelle tecniche costruttive, come la diffusione dell’archivolto ogivale in luogo di quello a tutto sesto e la diffusione del vetro, permettono di aprire le enormi finestre delle cattedrali gotiche. Le vetrate luminose e colorate sono sorrette da leggere modanature in pietra che creano articolati polittici decorativi; la finestra è spesso polifora con una o più suddivisioni costituite da elementi architettonici interposti (pilastrini, colonnine, trumeau), le cui facce sono spesso elaborate con complessi trafori, che sostengono archetti ornati da trilobi arricchiti da cuspidi e merletti (tracery). Anche i rosoni raggiungono il massimo splendore per dimensioni e ricchezza di decorazioni, in particolare nel periodo flamboyant.

Nell’architettura civile le forme sono più semplificate per la comparsa di infissi mobili a vetri.
Durante il Rinascimento si torna alla finestra a luce unica rettangolare con architrave o arcuata a tutto sesto, di tipo classico, spesso inquadrata dall’ordine architettonico della facciata. Nasce la tradizione di allineare ritmicamente finestre uguali a ogni piano secondo schemi proporzionali e simmetrici predefiniti (Leon Battista Alberti, Palazzo Rucellai a Firenze, 1453). Gli stipiti sono decorati con mostre o bassorilievi e la sommità è conclusa da motivi architettonici classici, spesso timpani. Si codificano: la finestra inginocchiata, con la soglia sorretta da due mensole allungate fino quasi a poggiare in terra; la finestra a tabernacolo o a edicola, con un frontone sopra la cornice sostenuta da colonne o pilastri e ispirata alla decorazione interna del Pantheon e la finestra serliana, a tre intercolumni di cui il centrale più ampio coperto ad arco e i laterali architravati.
Nel Seicento e ancora più nel Settecento le decorazioni delle finestre diventano protagoniste della articolazione plastica delle facciate. Si rielaborano liberamente i motivi classici, i frontoni assumono tutti i mutamenti possibili, spezzati, curvi, concavi, convessi o ondulati e ospitano innovative composizioni e decorazioni al loro interno come conchiglie, cartigli e foglie.

Nel periodo Neoclassico si rivisitano le tipologie dell’architettura classica con molteplici soluzioni e durante l’Eclettismo l’ibridazione degli stili raggiunge il massimo, con le finestre protagoniste delle nuove sperimentazioni linguistiche. Per l’architettura Liberty la finestra è spesso l’elemento qualificante del prospetto per i naturalistici rilievi delle mostre e per le vetrate piombate e policromatiche, sature di decorazioni floreali o geometriche.
Si deve all’avvento del Movimento moderno la modifica del prospetto di derivazione classica e la nascita di una concezione completamente diversa dell’organismo architettonico e quindi del ruolo e delle caratteristiche della finestra (quartiere Weissenhof a Stoccarda 1927). Diviene predominante la finestra con sviluppo orizzontale e a nastro (Le Corbusier, Villa Savoye a Poissy, 1931). Nei grattacieli la finestra si integra presto nella facciata, come per la finestra di Chicago (Luis Sullivan, Carson Pirie & Scott Store a Chicago, 1904), fino ad arrivare ai curtain wall ovvero le facciate completamente vetrate dove non esiste una chiara distinzione tra finestra e parete di tamponamento (Philip Johnson e Mies van der Rohe, Seagram Building a New York, 1958).
Nelle architetture contemporanee le scelte si differenziano, anche se sembra comune la destrutturazione della parete, nelle tre dimensioni dove sono divenute intercambiabili le superfici opache e quelle vetrate.

Bibliografia

Treccani, Enciclopedia italiana di scienze lettere ed arti, Roma, 1929-1936, ad vocem; Viollet-le-Duc E., Dictionnaire raisonné de l’architecture française du XI° au XVI° siècle, Paris, 1856, a.v. fenêtre.

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