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Ospizio, case per anziani

Torino, Ospizio generale di Carità, pianta e prospetto-sezione; Crescentino Caselli, 1887.
Torino, Ospizio generale di Carità, pianta e prospetto-sezione; Crescentino Caselli, 1887.

Definizione – Etimologia

Dal lat. hospitium, l’ospitalità, il vitto e l’alloggio concessi nell’antica Roma all’hospes (ospite, forestiero). Edificio specialistico originariamente destinato ad ospitare forestieri, ammalati e poveri di qualsiasi età. Nell’accezione moderna l’ospizio ha la funzione di accogliere anziani con diverso grado di autosufficienza.

Gli hospitia delle prime comunità cristiane si prendono cura di orfani, ammalati, anziani e pellegrini. Durante il Medioevo l’accoglienza è organizzata all’interno di conventi, monasteri, palazzi privati, ovvero in edifici costruiti allo scopo. Nel XV secolo nascono i primi ospedali generali e le funzioni si specializzano, includendo trattamenti terapeutici. Nel Settecento si diffonde in tutta Europa l’albergo dei poveri, la cui organizzazione funzionale e spaziale anticipa l’ospizio di carità del XIX secolo, dedito quasi esclusivamente all’assistenza e alla cura di anziani e orfani. Nel corso del Novecento l’ospizio come istituto di accoglienza viene progressivamente sostituito dalla casa di riposo, edificio collettivo per anziani comprendente stanze o piccoli alloggi aggregati a spazi comuni di relazione.

In epoca odierna la casa di riposo è solo una delle molteplici varianti della residenza per anziani, che comprende anche case-albergo, case-alloggio e residenze sanitarie assistite.

Derivazione – Processo formativo

L’accoglienza di poveri e anziani ha origine remota. Già nel I secolo a.C. a Gerusalemme un ospizio pubblico assiste pellegrini e bisognosi, mentre si ha notizia di donazioni private per opere di gratuito sostegno verso forestieri e indigenti nel IV secolo d.C., affermate poi nel Codex Iustiniani attraverso richiami ad istituti filantropici per malati e mendicanti.

Nel Medioevo il ricovero di forestieri, lebbrosi, anziani e indigenti avviene in monasteri e conventi, o in edifici ubicati in corrispondenza delle principali vie di pellegrinaggio, economicamente sostenuti dalle donazioni di privati che spesso riservano parte delle loro dimore per offrire assistenza. Negli ospizi appositamente costruiti l’impianto prevalentemente adottato per i dormitori è quello basilicale a una o tre navate. L’Ospedale di Santa Maria della Scala a Siena, costruito lungo la via Francigena (uno dei primi in Europa), e l’abbazia di San Gallo in Svizzera, sono tra gli esempi più importanti del periodo. L’istituzione di moderne scuole di medicina fin dal XIII secolo porta alla realizzazione dei primi grandi ospedali generali, che nel Rinascimento offrono cure agli anziani, a volte in cambio dei loro beni.

Durante l’Illuminismo, il forte incremento di popolazione anziana che vive in città e la nascita dei manuali di “composizione”, creano le condizioni per la diffusione in tutta Europa dell’albergo dei poveri, caratterizzato dai padiglioni per le attività lavorative introdotti all’interno di edifici seriali con cortile-giardino interno, gerarchizzati dagli spazi nodali della foresteria, della chiesa e dei servizi collettivi.

Assumendo e interpretando le funzioni dell’albergo dei poveri, l’ospizio di carità ottocentesco si occupa in modo specifico dell’accoglienza e della cura degli anziani, ospitati in dormitori collettivi, diversamente dalle coeve case di ritiro, che dispongono di piccoli alloggi autosufficienti. L’innovazione delle forme di assistenza nella seconda metà dell’Ottocento riceve forte impulso dagli studi sull’invecchiamento e le sue patologie, fra i quali si annoverano le “Leçons cliniques sur les maladies des vieillards et les maladies chroniques”, pubblicate nel 1866 da Jean Martin Charcot.

Queste ricerche sono alla base dell’aggiornamento dei caratteri distributivi negli edifici realizzati dopo la metà dell’Ottocento. L’Ospizio Generale di Carità di Torino (1887) è dotato di quattro edifici paralleli su più livelli, raccordati dal corpo longitudinale che comprende la chiesa e il padiglione centrale dei servizi. Nel 1899 si conclude a Milano la costruzione del Ricovero per vecchi musicisti, voluto e finanziato dal compositore Giuseppe Verdi, su progetto di Camillo Boito. L’edificio ha un impianto seriale organizzato attorno ad un cortile e un fronte urbano gerarchizzato dal corpo di fabbrica quadruplo che contiene gli spazi per l’amministrazione e la direzione. Il vestibolo centrale conduce nel cortile interno che separa i due dormitori. Al piano superiore, in posizione antinodale rispetto al cortile, vi sono una sala per concerti e la cappella.

Il Pio Albergo Trivulzio di Milano, fondato nel 1771 e ricostruito nel 1910, è quello che forse esprime più compiutamente, agli inizi del XX secolo, l’introduzione di standard basati sulle nuove ricerche mediche: una serie di cinque dormitori collettivi sono aggregati simmetricamente ai padiglioni per il lavoro e le attività ricreative. I due refettori, la chiesa e l’edificio dell’amministrazione definiscono i nodi gerarchici dell’edificio.

In quegli anni la Geriatria diviene una branca autonoma della medicina, grazie a Ignatz Leo Nasher, che nel 1914 pubblica Geriatrics: The Diseases of Old Age and Their Treatment. La conseguente emanazione di nuove norme sulle istituzioni di pubblica assistenza muta i caratteri funzionali del tipo, determinando i presupposti per la diffusione della casa di riposo nei decenni successivi, un edificio collettivo che offre agli anziani, oltre alle normali funzioni di vitto, alloggio e assistenza medica, attività culturali e ricreative in contesti “famigliari” che favoriscono la socializzazione.

A partire dagli anni Sessanta la ricerca progettuale si svolge soprattutto in Nord Europa, dove l’accoglienza degli anziani avviene secondo due modalità: all’interno di piccoli edifici dotati di alloggi indipendenti, ovvero in grandi complessi che, diversamente dagli ospizi ottocenteschi, sono il più possibile integrati nel tessuto urbano per consentire lo scambio intergenerazionale. In Inghilterra si diffondono le piccole granny annexes e le sheltered houses. In Olanda sia i mini-alloggi che i grandi edifici polifunzionali dispongono di biblioteche e auditoria per promuovere le relazioni sociali con i visitatori. Emblematiche sono a riguardo la casa di riposo De Drie Hoven ad Amsterdam (1964-‘74) e l’Old People’s Home ad Almere Haven (1980-‘84), entrambe su progetto di Herman Hertzberger. L’edificio di Amsterdam è organizzato in base a uno schema distributivo “centripeto”, con i corpi degli alloggi collegati al nucleo centrale degli spazi comuni, ed è contraddistinto dall’esteso impiego della prefabbricazione e dall’attento studio ergonomico degli alloggi.

Negli ultimi anni si è assistito alla proliferazione di numerose varianti della residenza per anziani che, oltre alla casa di riposo, contempla le case albergo, le comunità alloggio, le case protette e le residenze sanitarie assistite, distinte in base al grado di autosufficienza dell’anziano e alle funzioni collettive offerte, accomunate però dalla ricerca della piccola dimensione e dalla connessione con il tessuto urbano, seguendo l’attuale quadro normativo internazionale che privilegia peraltro l’assistenza domiciliare.

Esempi

Ospedale di Santa Maria della Scala (Siena), abbazia di San Gallo (Svizzera), albergo dei poveri (Genova, Napoli, Palermo, Milano), Ospizio Generale di Carità (Torino), Ricovero per vecchi musicisti (Milano), Pio Albergo Trivulzio (Milano), De Drie Hoven (Amsterdam), Old People’s Home (Almere Haven), Centro St. Nikolaus (Salisburgo), Reina Sofia Alzheimer Disease Reserch Center (Madrid)

Bibliografia

Donghi D., Ricoveri, ospizi, asili vari, in Donghi D., Manuale dell’architetto, vol. II, Torino, 1927, pp. 747-766; Iacomoni A., Architetture per anziani, Firenze, 2009; Lombardo S., Residenze per anziani. Guida alla progettazione, Palermo, 2009; Trabucchi M., Brizioli E., Pesaresi F., Residenze sanitarie per anziani, Bologna, 2002.

 

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