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Paesaggio

Val d'Orcia (particolare) dopo la bonifica (foto U. Sani, Centro per lo studio del paesaggio e del giardino Fondazione Alessandro Tagliolini).
Val d'Orcia (particolare) dopo la bonifica (foto U. Sani, Centro per lo studio del paesaggio e del giardino Fondazione Alessandro Tagliolini).

Definizione

Secondo la Convenzione Europea del Paesaggio (C.E.P.) del 2000 il “Paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” (art.1).

Nelle lingue neolatine paesaggio presenta la comune radice paese (pays per il francese e país per lo spagnolo) derivata dal latino pagus, villaggio, termine, quest’ultimo, che tra il XII e il XIV secolo assume anche la sfumatura di spazio geografico da abitare o coltivare, o dintorni di un centro abitato. Nelle lingue anglosassoni il termine paesaggio (landscape in inglese, landschaft in tedesco, landschap in olandese) presenta la radice comune land (terra) che storicamente designava uno spazio definito da frontiere o confini non necessariamente segnati da mura, solo alla fine del XV secolo la parola si specializza andando a indicare la pittura di paesaggio.

Il termine paesaggio in italiano viene coniato sull’esempio del neologismo francese “paysage” utilizzato per la prima volta nel 1493 da Jean Molinet e attestato nel dizionario di Robert Estienne nel 1549 per indicare un genere di pittura rappresentante una veduta campestre o un giardino. Composto di pays e del suffisso –age, che indica una collezione, un insieme, una totalità, va a indicare un insieme di elementi presenti in un paese o un insieme di paesi. In italiano il termine paesaggio si afferma pienamente solo alla fine del XVIII secolo, dopo aver a lungo affiancato la parola paese nel designare un dipinto o bassorilievo che rappresenti aspetti campestri o vedutistici della realtà naturale: “I paesi si debbon ritrarre in modo che gli alberi sieno mezzi illuminati, e mezzi ombrati; ma meglio è farli quando il sole è occupato da nuvoli” (Leonardo, Trattato della pittura).

Derivazione, processo formativo e filoni tipologici

L’interesse da parte di diverse discipline ha generato una serie di definizioni del concetto di paesaggio strumentali rispetto alle proprie finalità. L’ambiguità che impedisce una definizione univoca deriva anche dal fatto che il termine è andato a designare non solo il genere artistico, ma anche l’oggetto rappresentato, delineando un’ambivalenza fra l’immagine della realtà percepita da un soggetto e il territorio reale con un valore, invece, oggettivo. Da questa antinomia deriva, da un lato, una concezione estetico-percettiva secondo la quale il paesaggio, come naturale sviluppo del primo significato del termine, è il prodotto di un’attività estetizzante compiuta da un soggetto, dall’altro, è concepito come realtà oggettiva nella sua interezza e per tanto studiato e trattato scientificamente.

Il superamento di questa opposizione si deve all’apporto di diverse discipline che hanno contribuito alla definizione di paesaggio come il “prodotto” culturale delle popolazioni che vivono su un dato territorio. Il paesaggio diventa l’effetto, il frutto e quindi il termine dell’attività umana che riflette le interazioni delle azioni e reazioni dei rapporti tra ambiente e società. La lunga riflessione sul concetto di paesaggio si avvia già con von Humboldt che prende in considerazione il rapporto di reciproca influenza tra uomo e territorio, concetto sviluppato in chiave deterministica dai geografi tedeschi dell’Ottocento.

A questa visione si contrappone Vidal de la Blanche con la sua geografia umana e una concezione possibilistica del rapporto natura-uomo. All’inizio del Novecento il filosofo tedesco G. Simmel pone delle questioni che rimarranno centrali nel successivo dibattito sul paesaggio prima di tutto la necessità, parlando di paesaggio, di delimitazione. Il paesaggio ricrea un’unità specifica compresa in un orizzonte che si contrappone alla totalità e alla continuità della natura. Dunque non necessariamente dove c’è natura c’è paesaggio.

Per quanto riguarda il dualismo tra paesaggio reale e paesaggio dipinto, Simmel supera la concezione prettamente estetica, rafforzata invece più tardi da Roger, che afferma il primato della rappresentazione pittorica. Per il filosofo tedesco è l’esistenza di una percezione paesaggistica a far sorgere una pittura paesaggistica, ma le regole di formazione del paesaggio reale sono diverse da quelle del paesaggio dipinto.

La scuola degli Annales francese, negli anni Trenta si appropria del paesaggio letto come sedimentazione e conservazione dei valori storici arrivando a una felice integrazione tra storia e geografia e a una riflessione consapevole sul concetto di tutela. Anche i geografi italiani nel corso del Novecento ribadiscono il concetto di paesaggio come dato culturale che viene ripreso da architetti e urbanisti, come luogo di senso e identitario non solo per le comunità autoctone, ma anche per quelle che scelgono di appartenere a uno specifico territorio.

Accezione moderna del termine

Il paesaggio è uno dei temi più complessi e dibattuti a livello disciplinare, non solo dell’urbanistica: accantonato il tentativo di trovarne l’accezione unica e onnicomprensiva e cercando di far convergere le posizioni più distanti, come quella estetica, o fenomenico-percettiva, e quella scientifico-naturalistica, se ne riconosce la sua forza proprio nella sua natura polisemica: questa deriva dall’apporto eterogeneo di molte discipline e, quindi, nella interdisciplinarietà necessaria alla sua stessa comprensione. In tale contesto, abbandonata la pretesa di un significato unico, è però evidenziata la necessità di chiarire, per evitare ambiguità e incomprensioni, quando si parla di paesaggio, a quale concetto si fa riferimento: in tal senso l’approccio geografico sembra essere quello più calzante per la disciplina urbanistica. In esso, si riconosce al paesaggio una dimensione reale, ma contemporaneamente non se ne nega il valore estetico e la capacità evocativa.

Di questa concezione particolarmente interessante è il rapporto uomo-ambiente come si evince da alcune delle seguenti definizioni di carattere scientifico: “aree terrestri eterogenee, composte da insiemi di ecosistemi interagenti e ripetuti con patterns simili in uno spazio geografico”(Forman, Grodon, 1986); “sistema di segni che forniscono utili informazioni sulla sua organizzazione spaziale e funzionale, ovvero le «forme disegnate» sul territorio da eventi naturali e antropici” (Turri, 2002); “insieme di elementi percepiti da un organismo durante l’espletamento delle proprie funzioni vitali (… con relative) tre categorie di paesaggi: neutrality-based, individually-based, observer-based” (Farina, 2006); “entità complessa dove matrice ambientale, organismi e informazioni si integrano attraverso processi” (Farina, 2002).

Il paesaggio inteso come esito delle stratificazioni di usi e vicende storiche di ogni luogo, risulta essere il comune denominatore di queste, e molte altre, definizioni. Nello studio del paesaggio alla scala territoriale, dopo una prima valutazione intesa come lettura sintetica onnicomprensiva, si passerà ad un approfondimento degli elementi che lo compongono e che devono essere letti nelle reciproche connessioni e interrelazioni. Risulta fondamentale riconoscere le cosiddette “strutture” del paesaggio: queste possono essere individuate nei segni forti di natura geomorfologica, idrografica, o anche antropica.

Tutti gli elementi che compongono un paesaggio devono essere letti nei loro rapporti reciproci e, gerarchicamente, rispetto agli elementi strutturanti: posizione, forma, dimensione, stato e condizioni specifiche degli elementi secondari o complementari del paesaggio, che risultano essere strettamente correlati alle caratteristiche degli elementi primari o strutturali. Questo perché la valutazione del paesaggio si deve basare sull’analisi delle sue componenti oggettive, per verificarne come vengano vissute e percepite, con modalità soggettive, dagli abitanti: l’individuazione di ambiti paesaggistico-territoriali omogenei restituisce il riconoscimento dei caratteri di un luogo. Una dettagliata descrizione, interpretazione e valutazione di questi elementi (caratteri, dinamiche fisiche e biologiche), permette di cogliere le risorse del paesaggio, espresse e inespresse, alle diverse scale di indagine. La complessa realtà sistemica del paesaggio si avvale, inevitabilmente, dell’utilizzo di indici/modelli i cui riferimenti scientifici si rivolgono alla teoria dei sistemi: questo permette di lavorare a più scale interrelate e di indagare le componenti ambientali e paesaggistiche unitamente alle dinamiche insediative e infrastrutturali al fine di operare una lettura integrata dei singoli tematismi.

In tal senso risulta fondamentale la scelta degli indicatori come, per esempio, l’indice di conservazione del paesaggio (Index of Conservation – ILC) utilizzato per quantificarne, speditamente, la qualità ambientale e lo stato di conservazione al fine di articolare mirate indicazioni e prescrizioni di tutela/recupero/riqualificazione coerenti con le vocazioni dei luoghi. In relazione alla pianificazione paesaggistica alcuni indicatori/riferimenti utili possono essere i seguenti: matrice delle unità di paesaggio, habitat standard pro-capite, habitat standard funzioni, compatibilità, eterogeneità, densità di strade e ferrovie, frastagliatura biopotenzialità territoriale, permeabilità dei suoli, indice di sprawl urbano. Questi risultano, particolarmente utili, per la descrizione quanti-qualitativa di alcuni fenomeni territoriali che investono direttamente la componente paesaggistica ovvero l’elevata urbanizzazione diffusa, il consumo di suolo, la destrutturazione del paesaggio, la banalizzazione ecosistemica delle aree rurali e fluviali, la scarsa valorizzazione delle risorse naturali, la perdita della diversità dei paesaggi.

Esempi

Con la C.E.P. il paesaggio entra a far parte delle politiche europee e di molti programmi comunitari: diviene il fattore in grado di esprimere la qualità dei territori, l’obiettivo comune per lo sviluppo sostenibile e la valorizzazione delle risorse e delle identità locali. Tra gli interventi e le azioni che più direttamente influenzano il paesaggio si segnalano: la politica agricola comunitaria, quella di coesione socio-economica, la politica comune nel settore dei trasporti, le misure per lo sviluppo delle energie rinnovabili e la politica per l’ambiente. Tra i paesi europei più sensibili e attivi verso le tematiche paesaggistiche vi è sicuramente l’Olanda, dove il paesaggio è, ormai da alcuni anni, l’obiettivo principale delle politiche di sviluppo e di pianificazione attraverso processi negoziati tra istituzioni e attori socio-economici, a tutti i livelli di governo. Mediante i processi partecipativi si elabora una vision per il futuro dei contesti paesaggistici, e si attivano azioni/interventi, coerenti ai vari livelli amministrativi e dotati di fattibilità economica.

Con l’Agenda Landschap (2008) si inaugura una nuova linea di azione a scala nazionale: questa si basa sulla valutazione dell’apprezzamento sociale e sulla definizione condivisa degli obiettivi di qualità, declinati puntualmente in piani/progetti di area vasta e locali. Il processo progettuale di nuovi ambiti residenziali, quartieri e/o attrezzature di interesse comune si fonda sulla definizione di un “patto” tra l’amministrazione e gli operatori economici: questi ultimi sono obbligati a finanziare, in contropartita alle cubature realizzate, interventi volti alla salvaguardia e/o al ripristino delle reti ecologiche, nonché ad avviare interventi per la fruizione delle stesse e per il recupero e ripristino dei caratteri identitari dell’ambiente naturale e rurale.
Le Landscapes Guidelines sono, invece, alla base della pianificazione paesaggistica inglese, fin dagli anni ’90: esse sono costruite attraverso un processo partecipato di identificazione e di valutazione del paesaggio, che guida e orienta le strategie di governo del territorio e il progetto alle diverse scale. Il paesaggio, in Gran Bretagna, è oggetto e strumento di intervento pubblico mediante l’investimento di ingenti risorse provenienti direttamente dalla tassazione e indirettamente dalle misure di compensazione previste nei progetti di trasformazione e di sviluppo urbanistico.

In Italia, il d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 definisce le trasformazioni compatibili con i valori paesaggistici, le azioni di recupero e riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposte a tutela nonché gli interventi di valorizzazione del paesaggio anche in relazione allo sviluppo sostenibile. La tutela del paesaggio è volta a riconoscere, salvaguardare e recuperare i valori culturali che esso esprime mentre la valorizzazione concorre a promuovere lo sviluppo della cultura ed è attuata nel rispetto delle esigenze della tutela. Lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché tutti i soggetti che, nell’esercizio di pubbliche funzioni, intervengono sul territorio nazionale, indirizzano la loro attività ai principi di uso consapevole del territorio, di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche e di realizzazione di nuovi valori paesaggistici integrati e coerenti, rispondenti a criteri di qualità e sostenibilità.

Lo strumento urbanistico di riferimento è il Piano Paesaggistico (P.P.) che, con riferimento al territorio considerato, ne riconosce gli aspetti e i caratteri peculiari, le caratteristiche paesaggistiche e ne delimita i relativi ambiti di paesaggio per i quali si predispongono specifiche normative d’uso, secondo le finalità precedentemente indicate, e si individuano adeguati obiettivi di qualità. Il P.P. ha contenuto descrittivo, prescrittivo e propositivo volto, prioritariamente, alla conservazione degli elementi costitutivi e delle morfologie dei beni paesaggistici sottoposti a tutela, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, delle tecniche e dei materiali costruttivi, nonché delle esigenze di ripristino dei valori paesaggistici; alla riqualificazione delle aree compromesse o degradate; alla salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche degli altri ambiti territoriali, assicurando, al contempo, il minor consumo del territorio; alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO.

Bibliografia

Convenzione Europea del paesaggio, Firenze 2000; D’Angelo P. (a cura), Estetica e paesaggio, Bologna, 2009; Farina A., Belgrano A., The Eco-field Hypothesis: toward a cognitive landscape, in «Landscape Ecology», 21, 1, 2006; Formann R.T.T., Godron M., Landscape ecology, New York, 1986; Gambino R., Conservare – innovare. Paesaggio, ambienteterritorio, Torino, 1997; Jakob M., Il paesaggio, Bologna, 2009; Turri E., Antropologia del Paesaggio, Venezia, 2008; Turri E., La conoscenza per il territorio. Metodologia per un’analisi storico-geografica, Venezia, 2002; Voghera A., Dopo la Convenzione Europea del paesaggio. Politiche, Piani e Valutazione, Firenze, 2011.

Riferimento normativa

D. Lgs. n°42/2004.

Val d'Orcia (particolare) prima della bonifica (foto U.Sani, Centro per lo studio del paesaggio e del giardino Fondazione Alessandro Tagliolini).

Val d’Orcia (particolare) prima della bonifica (foto U. Sani, Centro per lo studio del paesaggio e del giardino Fondazione Alessandro Tagliolini).

 

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