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Parco

Stowe, Buckinghamshire (Regno Unito), lago nel parco con un tempio sullo sfondo.
Stowe, Buckinghamshire (Regno Unito), lago nel parco con un tempio sullo sfondo.

Definizione – Etimologia

Dal lat. med. parricus, recinto per le greggi; ted. ant. perkan, perf. park, mod. bergen, perf. barg (da cui la forma barco), coprire, proteggere, riparare; sec. altri dal lat. pârcere, impedire. Luogo cinto, mantenuto in misura variabile nel suo stato naturale, o apparentemente tale, a scopo di godimento estetico e attività all’aperto come la caccia e la pesca, per le quali vengono allevati animali, previsti corsi d’acqua e talvolta appositamente modellata la vegetazione.

In Mesopotamia abbiamo notizie – soprattutto letterarie – di boschi sacri e parchi usati come riserve di caccia, spesso oggetto delle personali attenzioni dei sovrani: Ciro il Grande rivendica di aver progettato il suo “paradiso” a Sardi piantando con le sue mani molti alberi, mentre il sovrano assiro Sennacherib, responsabile del celebre assedio a Gerusalemme, descrive gli sforzi per condurre l’acqua nei suoi parchi, realizzati per sé, per i suoi sudditi o per gli dei e arricchiti di piante esotiche abilmente acclimatate.

Evoluzione storico

Nel mondo greco permane l’uso di boschi per la caccia o consacrati agli dei con l’uso delle piante a loro dedicate, mentre si afferma il gusto per i paesaggi incontaminati in contrapposizione alle geometrie cui la natura viene piegata per scopi produttivi: il bosco di Calypso nell’Odissea vede la presenza emblematica di quattro polle d’acqua, una grotta e multiformi uccelli, in un’atmosfera di intensa sacralità che si ritrova nei parchi adiacenti ai santuari. Presso le scuole filosofiche, invece, i parchi propiziano la riflessione e lo scambio di idee grazie a ruscelli e alberi frondosi d’alto fusto che punteggiano prati in cui passeggiare e disquisire. Imitando i satrapi persiani e i principi ellenistici, parchi per la caccia continuano a essere in uso presso i romani, che realizzano, inoltre, spazi verdi boscosi, privi di alberi da frutto e unicamente decorativi, nelle adiacenze delle grandi ville descritte da Varrone e Plinio il Giovane (giardino).

Dal XIII sec. al Rinascimento si parla di “barco”: un’area cintata, destinata alla caccia, la cui fisionomia naturalistica viene talvolta ‘ritoccata’ con piantumazioni di alberi, piccoli spostamenti di terreno, realizzazione di sentieri e fontane, nonché di piccoli edifici funzionali alla caccia o a brevi soste. Il barco fa spesso da contrappunto ‘selvatico’ al giardino formale (giardino), a cui può trovarsi immediatamente adiacente (villa Lante a Bagnaia, villa Aldobrandini a Frascati) o poco distante (Delizie Estensi, barco di Caprarola, barco del Vaticano): nel primo caso, allo scopo venatorio si associa spesso l’intento simbolico di rappresentare uno stato di natura (l’Età dell’oro) che cede progressivamente alla civilizzazione allusa nelle geometrie dei parterres e nel controllo del disegno architettonico di assi e terrazze.

Nelle creazioni barocche francesi (Vaux le Vicomte, Versailles), emulate, ad esempio, nella reggia di Caserta e nel parco di Schönbrunn a Vienna, il giardino, irradiandosi all’infinito, sfuma nel parco attraverso una distribuzione sempre più informale della vegetazione via via che ci si allontana dalla villa: il parco mantiene, quindi, la sua funzione di contrappunto alle insistite geometrie di assi, canali e parterres, mediando fra la natura fortemente plasmata dall’uomo e il paesaggio circostante.

Questo ruolo subordinato al giardino formale si capovolge nettamente nel Settecento con la nascita, in Inghilterra, del parco paesistico (giardino): reagendo all’artificiosità delle creazioni francesi, si reclama la necessità di creazioni che rispettino la natura, ispirate alla pittura di paesaggio. In realtà, W. Kent, H. Repton, T. Bridgeman e ‘Capability’ Brown intervengono sulla fisionomia dei luoghi con interventi spesso consistenti di ridisegno che puntano, però, a un risultato che appaia del tutto naturale (Stowe, Rousham, Stourhead, Blenheim). Le architetture contenute nel parco paesistico sono spesso finte rovine o finte grotte, per apparire anch’esse plasmate dalla natura e da essa soggiogate, mentre il confine fra parco e paesaggio viene dissimulato con fossati (ha-ha) che si sostituiscono alle evidenti recinzioni tradizionali (recinto) e garantiscono continuità visiva e totale comunione con il contesto. Il gusto per il parco paesistico si diffonde rapidamente fuori dall’Inghilterra, portando a realizzazioni spesso create a spese di precedenti creazioni formali, come accade a molti giardini italiani (Boboli, Quirinale ecc.) ed europei (Schönbrunn e Schwarzenberg a Vienna). Alcuni esempi sono il parco francese di Ermenonville (dedicato a Rousseau), il parco della villa Reale di Monza di G. Piermarini e quello della villa Silva-Ghirlanda a Cinisello Balsamo, progettato e realizzato dallo stesso proprietario E. Silva. Ancora in Inghilterra, nella seconda metà del Settecento, il tema fa un passo avanti sul fronte della fruizione: le conseguenze della rivoluzione industriale, con l’inquinamento e le riflessioni sul sociale, rilanciano l’idea del parco pubblico realizzato su iniziativa governativa, di filantropi o di imprenditori interessati all’incremento di valore dei suoli.

All’inizio dell’Ottocento, J. Nash realizza il Regent Park, il Green Park e il St. James Park trasformando alcune tenute di caccia della Corona, mentre il Victoria Park di J. Pennethorne sorge in un sobborgo industriale: solitamente l’interno del parco si focalizza intorno a un lago di forma irregolare evocando le sistemazioni paesistiche in cui si inserisce un giardino botanico o un giardino di fiori con essenze esotiche a scopo educativo; nelle zone perimetrali si dislocano le aree per le attività sportive, dissimulate da cortine verdi; infine, una cintura di alberi segna il perimetro, accanto a cui corre una strada carrabile. Comincia, così, a definirsi il concetto di ‘parco attrezzato’ con edifici per mostre, musica, biblioteche, aree per la sosta e lo sport. Il tema è stato sperimentato anche a Vienna, dove sotto Giuseppe II (1765-90), vengono aperti al pubblico il Prater (già parco di caccia di Massimiliano II), l’Augarten, il parco di Schönbrunn e il Belvedere, mentre la zona del Ring, perse le sue funzioni militari, comincia a trasformarsi in un grande parco anulare.

Nella trasformazione di Parigi del barone Haussmann (1852-70) i parchi hanno un ruolo nevralgico nella riqualificazione della città, che detta una dislocazione strategica rispetto a vari quartieri e alla città nel suo insieme: Bois de Boulogne, Bois de Vincennes, Buttes Chaumont, parco Montsouris e parco Monceau, progettati da J.C. Alphand coi criteri del parco all’inglese, formano un sistema integrato con più di venti squares (parchi paesistici a scala minore). Ridisegnando zone talvolta degradate, ampi movimenti di terra e lavori idraulici garantiscono effetti scenografici con colline-belvedere, laghi, ruscelli e cascate cui si affiancano piccole architetture pittoresche di vario stile, dal neoclassico al neogotico, mentre fra le essenze si affermano quelle esotiche che richiedono l’uso di ampie serre: si definisce un modello che riscuote ampio successo nel resto d’Europa, con epigoni, ad esempio, a Bruxelles (Bois de la Cambre), Liverpool (Sefton Park), Lione (Tête d’Or).

Il senso di un anello verde che restituisca vivibilità e decoro alla città stretta dalle nuove dinamiche muove anche gli interventi di G. Poggi a Firenze (dal 1864), dove i parchi delle Cascine e di Boboli – aperti al pubblico all’inizio dell’Ottocento – si saldano con un sistema di viali coronato dal belvedere di piazzale Michelangelo e da piazze alberate analoghe agli squares parigini. Il ruolo dei parchi nelle dinamiche della città, sancito con evidenza dagli interventi londinesi e parigini, evidenzia il nesso tra architettura degli spazi verdi, progettazione del paesaggio e pianificazione urbana, che si saldano nelle realizzazioni di F.L. Olmsted. Il Central Park a New York restituisce alla città la natura, in modo che il visitatore possa realmente appropriarsene: le strade carrabili che lo attraversano vengono infossate, mentre fitte quinte arboree lungo il perimetro garantiscono la separazione visiva dall’esterno. Nell’ampio rettangolo si susseguono spazi e architetture varie e la naturale topografia dei luoghi viene ridisegnata in modo più o meno pesante, con aree geometriche o naturalistiche schermate – le une alle altre – da fitti boschetti.

Bibliografia

Brunon H., Dalle “fiere non rapaci” ai “fruttiferi e pomati arbori”: Villa Lante a Bagnaia e l’evoluzione del barco nel Rinascimento, in Frommel S. (a cura), Villa Lante a Bagnaia, Atti del Convegno, Milano 2005, pp. 31-43; Coffin D.R., The villa in the life of Renaissance Rome, Princeton 1979; De Vico Fallani M., Storia dei giardini pubblici di Roma nell’Ottocento, Roma 1992; Vannucchi M., Giardini e parchi: storia, morfologia, ambiente, Firenze 2003; Panzini F., Per i piaceri del popolo: l’evoluzione del giardino pubblico in Europa dalle origini al XX secolo, Bologna 1993.

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