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Rilievo (storia)

Roma, particolare della Nuova Pianta di Giovan Battista Nolli (1741-48) con i puttini rilevatori (da M. Bevilacqua, Roma nel secolo dei lumi).
Roma, particolare della Nuova Pianta di Giovan Battista Nolli (1741-48) con i puttini rilevatori (da M. Bevilacqua, Roma nel secolo dei lumi).

Definizione

La pratica del rilievo architettonico ha richiesto la preventiva messa a punto d’unità di misura condivise, di strumentazioni specifiche (corda graduata, archipendolo, filo a piombo, traguardo, groma, regolo, canna ecc.), nonché di tecniche idonee alla misurazione di terreni o d’edifici e di sistemi convenzionali per la loro restituzione grafica sul piano.

Evoluzione storica del rilievo

Tali condizioni si definiscono, nelle prime forme embrionali, già in epoca mesopotamica e si sviluppano in Egitto dove, dal III sec. a.C., viene utilizzato il disegno in scala per la redazione di catasti dei terreni.
Le metodiche di misurazione su base geometrica si sviluppano in Grecia e trovano una definitiva codificazione a Roma quando, fra II sec. a.C. e I sec. d.C., si giunge a una vera e propria specializzazione del disegno di rilievo. Dalla seconda metà del I sec. a.C. le terre conquistate dai romani sono oggetto di campagne di rilevamento, probabilmente veicolate da restituzioni disegnate su pergamena con l’impiego di compassi, squadre e righe graduate. A partire dal II sec. d.C., anche il tessuto urbano della capitale viene documentato incidendo, fra il 203 e il 211, le lastre marmoree che compongono la più nota Forma Urbis Romae.
La precisione geometrica della restituzione di rilievo romana lascia il posto, nel medioevo, a forme di rappresentazione simboliche, che privilegiano l’illustrazione di città sante e globi terrestri idealizzati. Ciò nonostante, criteri di restituzione grafica realistici persistono in alcune planimetrie (complesso benedettino di San Gallo, in Svizzera, 829 d.C.) e progrediscono sia gli studi matematici e geometrici, particolarmente incentivati, fra VIII e X secolo, dalla cultura islamica, sia gli strumenti per il traguardo. Fra Due e Trecento, cartografie terrestri e nautiche aggiornate e analitiche, miniature con illustrazioni di fabbriche, cantieri e, soprattutto, rappresentazioni in scala dell’architettura inaugurano un nuovo indirizzo del rilievo architettonico, testimoniato da una consistente mole documentaria.
Il Rinascimento italiano utilizza il rilievo come uno dei principali strumenti di ricerca in campo architettonico: attraverso di esso gli architetti attingono a un repertorio figurativo e tipologico indispensabile a una progettazione ‘alla maniera degli antichi’ e questa intenzione (del tutto prevalente rispetto alle istanze dello studio e della documentazione ‘oggettiva’ delle fabbriche) condiziona criteri e logiche restitutive: l’edificio antico viene rappresentato spesso ‘spogliato’ delle trasformazioni più tarde e opportunamente reintegrato in un disegno unitario (si veda la restituzione di Giuliano di Sangallo del Tempio di Augusto a Pozzuoli) o limitatamente ad alcuni dettagli decorativi (come nel caso della Domus Aurea a Roma) o, ancora, per porzioni significative opportunamente arricchite da misure e commenti. Dagli schizzi quattrocenteschi alle copie quotate del Cinquecento si osserva il progressivo raffinamento della metodica di rilievo, cui parteciparono più o meno direttamente, con le loro ricerche legate alla rappresentazione prospettica o al metodo di misurazione, i maggiori pittori, architetti e ingegneri del XV-XVI sec.; si introduce così il sistema per ‘intersezione in avanti’, si perfeziona la strumentazione (migliorando l’uso del quadrante geometrico e introducendo bussola topografica, squadro agrimensorio e teodolite); viene consolidata la pratica descrittiva della fabbrica attraverso restituzioni in pianta, prospetto e sezione.
Fra gli artisti che hanno lasciato le testimonianze documentarie più ricche si ricordano i Sangallo (da Giuliano ad Aristotele, che introduce l’impiego sistematico della scala grafica), Baldassarre Peruzzi, Giovanni Antonio Dosio. Una più attenta illustrazione degli apparati costruttivi classici, che combina rilevamento effettivo e restituzione ideale dei precetti attinti da Vitruvio, appare soprattutto legata alla produzione dei trattatisti, come Leon Battista Alberti, Sebastiano Serlio, Giacomo Barozzi da Vignola e Andrea Palladio. Lo sviluppo dei sistemi e degli strumenti di triangolazione facilita, dalla metà del Cinquecento, la produzione di cartografie, a partire dalla città di Roma. La città pontificia appare illustrata con restituzioni zenitali, che intendono soprattutto documentare la rete viaria e le piante dei principali monumenti (Leonardo Bufalini, 1551), o pseudo-prospettiche, che cercano di offrire una visione tridimensionale e volumetrica dell’intero abitato (Antonio Tempesta, 1593). La diffusione dell’incisione e della stampa, nonché l’implementazione degli strumenti (ad esempio l’invenzione del livello a bolla d’aria) favoriscono la pratica seicentesca del rilievo, con restituzioni grafiche via via più caratterizzate ed estese all’architettura minore (Carlo Fontana e Antoine Desgodetz). Parallelamente si moltiplicano le rappresentazioni delle maggiori città italiane ed europee, con l’elaborazione di vedute prospettiche dall’alto, nettamente prevalenti sulle planimetrie zenitali, viceversa impiegate per descrivere sistemi di fortificazione urbane e rurali.
Lo sviluppo delle discipline analitiche dell’architettura e dell’archeologia nel corso del Settecento e, allo scorcio del medesimo secolo, il profilarsi di una nuova sensibilità nei confronti dello studio delle preesistenze finiscono per modificare obiettivi e logiche del rilevamento: alla raccolta di ‘repertori’ figurativi utili alla progettazione di nuove architetture e alle illustrazioni di carattere descrittivo e paesaggistico, incrementate dalla pratica del Grand Tour, si aggiunge infatti un nuovo tipo di rilievo, soprattutto finalizzato al censimento e allo studio oggettivo dei monumenti e dei resti archeologici italiani e del Mediterraneo. Piante, prospetti, sezioni di edifici, spaccati assonometrici o prospettici, dettagli costruttivi e decorativi vengono rappresentate, con grande efficacia illustrativa e immaginifica, da personaggi come Giovan Battista Piranesi e i fratelli Adam o, con raffinata attenzione antiquaria, ad esempio da Marianna Candidi Dionigi.
Il medesimo spirito scientifico è applicato, nella prima metà dell’Ottocento, alla codificazione di un metodo condiviso di lavoro, mentre venivano messi a punto il tacheometro e i primi strumenti calibrati industrialmente. Il rilievo, da strumento di studio e divulgazione, comincia ad affermarsi quale comune pratica di lavoro, soprattutto in occasione di restauri. L’introduzione sistematica delle proiezioni di Gaspard Monge, di convenzioni iconografiche e simboliche condivise e, in molti paesi europei, del sistema metrico decimale struttura il disegno di rilievo, la cui attendibilità documentaria è però ancora condizionata, soprattutto nella prima metà del XIX secolo, dall’applicazione di ‘scorciatoie’ restitutive (quali ad esempio la regolarizzazione speculare della fabbrica, subordinata al gusto neoclassico) o dall’intento di correggere l’immagine reale degli edifici, per ricondurla ad un presunto assetto originario (basti pensare all’opera di Luigi Canina e Paul-Marie Letarouilly). A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, la comprensione della singolarità costruttiva di ogni fabbrica storica favorirà l’elaborazione di rappresentazioni più fedeli e meticolose, particolarmente attente a deformazioni e stratificazioni costruttive, come si osserva ad esempio nell’opera di Giuseppe D’Andrade, nell’Italia nord-occidentale, o di Giovan Battista Giovenale, a Roma, delineando in tal modo un modello utilizzato per gran parte del Novecento e solo di recente aggiornato con l’introduzione della strumentazione informatica.

Bibliografia

Docci M., Maestri D., Il rilevamento architettonico: storia, metodi e disegno, Roma-Bari, 1992.

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