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Sistema insediativo

Definizione

Sta a rappresentare l’assetto fisico e funzionale degli insediamenti urbani e rurali, nel loro costituirsi come insieme di aree e immobili per funzioni abitative e produttive e come offerta di dotazioni territoriali per assicurare la qualità urbana ed ecologica degli abitati.
Di tale assetto fisico e funzionale la pianificazione territoriale e urbanistica concorrono a determinare la localizzazione, la consistenza, gli usi, la funzionalità, le modalità di attuazione degli interventi e le politiche di governo.

Generalità

La moderna crescita urbana nei paesi occidentali è avvenuta seguendo sostanzialmente tre modelli insediativi, spesso sovrapposti, che hanno generato sistemi urbani complessi:

  • quello “monocentrico”, ascrivibile alla città europea tradizionale, completamente dipendente dal nucleo urbano principale;
  • quello della “città dispersa” a cui si lega storicamente lo sviluppo della città americana a partire dal primo dopoguerra e che si caratterizza per la frammentazione e la casualità delle localizzazioni;
  • quello “policentrico”, che integra il nucleo urbano originale con altri nuclei dotati di servizi e attrezzature e che costituisce l’obiettivo indicato dalla UE per la politica di coesione.

È opinione condivisa che la concentrazione territoriale, corrispondente al sistema monocentrico, sia particolarmente importante per la fase di decollo dello sviluppo della città industriale, mentre diventerebbe meno efficace nei periodi successivi. Le prime fasi dello sviluppo urbano, infatti, sono maggiormente dipendenti da vantaggi competitivi di natura primaria, territorialmente più concentrati (materie prime, fonti di energia, vie di comunicazione naturali ecc.) mentre, successivamente, cresce l’importanza dei vantaggi di natura secondaria (presenza delle infrastrutture, di relazioni fiduciarie e della reti immateriali). Questa ipotesi interpretativa trova conferma nell’evoluzione recente dei sistemi urbani dei paesi a sviluppo maturo, che ha visto moltiplicarsi la spinta al decentramento territoriale di molte funzioni considerate da sempre tipicamente urbane (residenza, manifattura, commercio). Tra i fattori di spinta e attrazione che hanno determinato il cambiamento sinteticamente descritto, si includono innanzi tutto l’alto livello dei valori del suolo e degli immobili nelle città storiche, la maggiore concorrenza/conflittualità tra le diverse funzioni e il sensibile peggioramento della qualità ambientale. Inoltre, si segnalano: il generale aumento dei redditi, l’evoluzione dei gusti e la diffusione di nuovi stili di vita, il miglioramento del sistema dei trasporti e delle comunicazioni (Camagni, 1999). In particolare, la diffusione dell’automobile e delle relative infrastrutture di trasporto viene spesso indicata come la condicio sine qua non dell’urbanizzazione dispersa nel territorio.

Caratteri distintivi

Rispetto alle fasi evolutive degli insediamenti urbani, da più parti, con riferimento alle performances raggiunte dai diversi modelli nei confronti della sostenibilità ambientale, sociale ed economica emerge che:

  • l’accentramento monocentrico genera congestione, inquinamento, alti costi dell’abitare, conflittualità sociale;
  • la dispersione urbana comporta: consumo di suolo, forte crescita della mobilità affidata al mezzo privato, declino delle città storiche, polarizzazione sociale, maggiori costi collettivi per l’infrastrutturazione del territorio;
  • il policentrismo viene considerato, invece, il modello ottimale, un sistema di organizzazione spaziale degli insediamenti che consente il raggiungimento della massa critica minima per poter beneficiare delle economie di agglomerazione, senza arrivare a innescare le diseconomie connesse alla congestione.

In altri termini, si suppone che sistemi di piccole città tra loro collegate da rapporti di cooperazione e complementarietà riescano a ottenere gli stessi benefici delle grandi città, senza però replicarne i costi.
Questa visione ottimistica del sistema policentrico è in realtà molto parziale e non tiene conto, secondo molti studiosi, di alcuni limiti oggettivi. L ’insediamento policentrico, ad esempio, rende più difficili quelle interazioni informali e non pianificate (face-to-face contacts) che costituiscono una parte significativa dei vantaggi urbani.
La superiorità del modello policentrico resterebbe dunque da dimostrare, anche perché le poche indagini empiriche condotte finora hanno preso in considerazione solo quei modelli policentrici che hanno registrato una buona performance economica, senza fra l’altro dimostrare con certezza che quest’ultima dipendesse dalla struttura spaziale piuttosto che da altri fattori.
Nonostante tutti i limiti citati, il policentrismo è stato assunto decisamente dalla UE come obiettivo di policy fin dall’elaborazione dello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo del 1999. In particolare, nei documenti comunitari si assume che uno sviluppo urbano policentrico sia una delle condizioni necessarie per il raggiungimento di alcuni tra i principali obiettivi dell’Unione, quali:

  • la riduzione dei differenziali territoriali dello sviluppo (coesione economica, sociale e territoriale);
  • la promozione di un modello organizzativo/insediativo sostenibile dal punto di vista ambientale e territoriale;
  • il rilancio della competitività economica dell’intero sistema europeo.

Modelli emergenti

Molte realtà urbane hanno vissuto negli ultimi decenni una forte espansione territoriale e una progressiva intensificazione e diversificazione dei rapporti con altre città di grandi dimensioni e minori, generando così sistemi urbani a rete. Già nel 1962 G. De Carlo parlava di città-regione come processo che si stava diffondendo anche in Italia, sulla scia di quanto stava da tempo accadendo nelle altre grandi città europee.
In questa nuova “città reticolare”, naturalmente policentrica, si instaurano nuovi sistemi di relazione e flussi diversi di interazione, comunicazione e informazione. La crescita rapida delle attività economiche su scala globale ha aumentato la complessità delle transazioni economiche, richiedendo servizi avanzati e attribuendo un’importanza sempre maggiore alle funzioni manageriali svolte dagli uffici direzionali delle multinazionali; inoltre, la diffusione di servizi specializzati (servizi finanziari, legali, economici, pubblicità ecc.) sta trasformando le città in veri e propri luoghi di “produzione”.
La nuova geografia insediativa dell’era della globalizzazione vede alcune città affermarsi come centri dell’economia provinciale, regionale e nazionale, mentre altre diventano centrali per il mercato globale. Le cosiddette “città globali” o città mondiali forniscono quelle strutture strategiche, spaziali e organizzative, necessarie alla produzione di servizi e di quegli input informativi richiesti dalla globalizzazione economica.
In Italia, secondo il Rapporto Metropoli e Ripresa, della Fondazione Censis e Rur, grazie agli effetti della globalizzazione si va affermando il modello della “città contenitore”, un sistema urbano complesso che integra realtà diverse attraverso le relazioni, la mobilità territoriale, lo scambio fra produzione di conoscenze e produzione di beni e servizi, il reticolo distributivo e logistico. Ad aree metropolitane costituite da un centro e un hinterland si vanno, infatti, sostituendo sistemi con una pluralità di capisaldi. In un tale contesto anche le città medie crescono di rango e diventano omologhe alle grandi, almeno quanto a capacità di produrre ricchezza e accumulare risorse.

Bibliografia

Camagni R. (a cura), Sostenibilità ambientale e strategie di piano: le questioni rilevanti, Il Mulino, Bologna, 1999; Conzen M.P. (a cura), L’evoluzione dei sistemi urbani nel mondo, F. Angeli, Milano, 1989; Detragiache A., Dalla città diffusa alla città diramata, F. Angeli, Milano, 2003; Indovina F., Dalla città diffusa all’arcipelago metropolitano, F. Angeli, Milano, 2009.

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