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Transenna

Definizione – Etimologia

La definizione deriva dal sostantivo transenna o trasenna, parola che a sua volta, come fa supporre il suffisso –enna, proviene forse da una voce di origine etrusca incrociata con il verbo latino transire, cioè passare. Contrariamente all’accezione comune secondo la quale la transenna rappresenta un elemento fisico di separazione l’etimologia suggerisce quindi un transito piuttosto che un impedimento e, in questo senso, va forse ricercata l’origine dell’impiego del vocabolo, riferito dagli scrittori antichi al passaggio della luce o dello sguardo.
In architettura il termine indica pertanto un pannello che, in un’area all’aperto o dentro un vano chiuso, serve a limitare un accesso o a circoscrivere uno spazio; nell’interno è di solito un arredo fisso attraverso il quale si attua la separazione tra i diversi settori che compongono l’ambiente.

Generalità

L’oggetto può essere realizzato in materiali diversi e le sue superfici sono normalmente arricchite con intarsi preziosi, con incrostazioni musive o con motivi ornamentali diversi a seconda della tipologia di edificio, dell’area geografica o del periodo storico in cui viene realizzato. Nelle chiese, ad esempio, sulle transenne sono spesso presenti decorazioni astratte o figurate che alludono a temi cristiani, come la croce, la pianta di vite, gli uccelli o l’albero della vita, simboli rispettivamente del sacrificio, dell’eucarestia e del paradiso.
Un esempio di età imperiale è rappresentato dai cosiddetti “Plutei di Traiano”, due monumentali strutture di recinzione in marmo che molto probabilmente delimitavano un’area del Foro Romano dove erano racchiusi il Fico Ruminale e la statua di Marsia.
Nelle chiese di età paleocristiana, per schermare le finestre, si utilizzano transenne in lastre di alabastro o vetro colorato, oppure formate da griglie lapidee di vari disegni. Fin dalle sue origini il Cristianesimo fa inoltre largamente uso di tali elementi per dividere gli spazi interni. Dopo l’Editto di Costantino del 313 si avverte, infatti, la necessità di separare l’area del presbiterio da quella delle navate, sollevandola e distaccandola mediante delle apposite recinzioni – in questa fase composte soprattutto da pannelli verticali rimovibili – che devono garantire l’isolamento dei non iniziati, ma anche quello del clero. Ciò si riscontra, tra gli altri esempi, nella prima fase edilizia della cattedrale di Aquileia (circa 313-319), dove la campata orientale dell’aula sud è separata dal resto dell’ambiente con transenne e con un diverso pavimento a mosaico. Questa configurazione planivolumetrica si ripete nell’altra basilica gemina di Treviri (fondata dopo il 326), nella quale le navate delle due aule si concludono entrambe con un presbiterio rettangolare diviso da transenne, mentre nella cattedrale di Tiro in Libano, consacrata nel 316-317, l’altare è chiuso in un recinto.
A San Giovanni in Laterano e in altre chiese del periodo è altresì attestata la presenza di solea, cioè di corridoi processionali, rialzati di pochi centimetri e delimitati lateralmente da transenne, che sono posti al centro della navata principale e collegano l’ingresso con il presbiterio. In Africa settentrionale o in Oriente, dove la liturgia prevede che l’intera navata mediana della chiesa sia riservata alle processioni e, più in generale, al clero e all’officiante, le transenne servono anche a isolare le navate laterali, destinate ai fedeli come i matronei e le gallerie superiori. Poiché, tuttavia, è necessario che i devoti partecipino attivamente alle funzioni, i pannelli verticali non devono superare il metro di altezza; anche nella pergula, recinzione dotata di pilastrini e architrave soprastante, le transenne rimangono basse, mentre con l’iconostasi, struttura tipica delle chiese orientali, il santuario risulta distinto, fisicamente e visivamente, dalle altre parti dell’edificio.
La separazione tra i settori delle chiese in età paleocristiana dipende, quindi, da come si sviluppa la liturgia nelle diverse aree di diffusione della nuova religione: in Oriente la navata centrale, divisa da transenne, diventa un prolungamento verso ovest del santuario, indispensabile per le processioni e per i diversi ingressi (minore e maggiore) del clero e dell’imperatore. Nell’Occidente latino, con l’eccezione dell’Africa settentrionale, i religiosi occupano invece soltanto l’abside e lo spazio intorno all’altare, opportunamente isolati con elementi divisori, mentre gran parte della navata centrale e le navatelle sono lasciate ai fedeli.
Con l’introduzione del recinto della schola cantorum si viene a creare un’ulteriore separazione tra i devoti e l’altare, sia fisica che ideologica, poiché questo spazio chiuso, delimitato da transenne ad altezza d’uomo e di solito accessibile soltanto attraverso dei piccoli varchi aperti sui lati corti, è riservato al clero. In età altomedievale i motivi ornamentali delle transenne presenti nelle chiese europee mostrano l’influenza delle popolazioni di origine barbarica che dominano i diversi territori; la loro tradizione si fonde con elementi classici, dando luogo a fenomeni di commistione in cui prevalgono espressioni di tipo aniconico che, soprattutto tra il VII e il IX secolo, si sviluppano secondo forme astratte, lineari o curvilinee, variamente intrecciate per ottenere gli effetti desiderati.
Nel periodo romanico, accanto alle matrici geometriche e alla ripresa delle stilizzazioni vegetali di origine classica o barbarica, si assiste all’introduzione sulle transenne di un ricco repertorio di immagini con funzione simbolica o apotropaica. Questa tendenza al simbolismo, iniziata con l’arte paleocristiana, percorre tutto il Medioevo, quando le decorazioni adottate sono per la quasi totalità a soggetto religioso e il loro contenuto va variamente interpretato come allegoria o metafora del mondo terreno e dell’Universo divino.
A partire dal XII secolo una tipologia particolare di transenna viene messa a punto a Roma dai magistri marmorari locali, i cosiddetti “Cosmati”. Il modello – caratterizzato dall’impiego di piccole tessere musive in pasta vitrea che formano motivi a intreccio o a quincunx, oppure da pannelli lapidei decorati con semplici specchiature rettangolari in marmo contornate da fasce in mosaico – rimane invariato per più di un secolo e mezzo: le uniche differenze riguardano, infatti, la personalizzazione dei dettagli architettonici e scultorei o l’inserimento, sui lati, di colonnine tortili incrostate di mosaici, come nelle lastre della schola cantorum della basilica di San Saba a Roma, opera della famiglia dei Vassalletto, o nelle due transenne che formavano la recinzione presbiteriale della cattedrale di Civita Castellana, dove Luca di Cosma e Drudo de Trivio arricchiscono il tipo con l’aggiunta di figure stilofore, un leone e una sfinge.
Nel XVI secolo le necessità controriformistiche rendono indispensabile la visione libera dell’altare maggiore: le transenne medievali – e in particolare quelle delle scholae cantorum – che costituiscono una barriera visiva per i fedeli, devono perciò essere smantellate, oppure sono soggette a una trasformazione. Nelle sue Istruzioni il cardinale Carlo Borromeo consiglia, ad esempio, di adottare al loro posto le inferriate, oppure, se risulta difficile il reperimento del ferro, di sostituirle con colonnette marmoree sormontate da una cornice. Una volta rimosse le recinzioni delle scholae cantorum, le transenne, dotate di una superficie superiore più ampia e di un inginocchiatoio, possono essere accorpate al banco per la comunione. Questo nuovo elemento di separazione, definito anche balaustra e il cui apice sul piano artistico viene raggiunto in età barocca, si trova di frequente all’ingresso delle cappelle.
Nella seconda metà del XX secolo gli adeguamenti liturgici individuati dal Concilio Vaticano II hanno previsto – sebbene non in modo ufficiale – l’eliminazione delle recinzioni, in modo da soddisfare le richieste di una più diretta partecipazione dei fedeli alle funzioni.

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