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Acque pubbliche

Definizione

L’acqua, oltre a essere un bene oggetto di diritti, è anche una risorsa e una fonte di vita che, quindi, deve essere preservata per le generazioni future. La natura dominicale dell’acqua ha avuto un’evoluzione piuttosto recente; si è passati dalla definizione che si era andata formando verso la fine del 1800 recepita prima nel r.d. 20 novembre 1916 n. 1664 e poi nel r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, sino ad arrivare a quella attuale contenuta nella l. 5 gennaio 1994 n. 36 (c.d. legge Galli, dal nome del suo primo firmatario). Nel merito, da una norma secondo cui erano pubbliche tutte le acque capaci di soddisfare un pubblico e generale interesse, si è giunti ad un’altra per la quale tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata e utilizzata secondo criteri di solidarietà e nel rispetto delle aspettative e dei diritti delle generazioni future. Inoltre la l. 36/1994, con una grande innovazione della materia delle acque pubbliche, ha spostato l’ottica giuridica della materia dal criterio dominicale a quello funzionale e di tutela della risorsa (R. Jannotta, pp. 51 ss.).

Generalità

L’uso dell’acqua pubblica è di norma permesso a enti pubblici o a soggetti privati soltanto a valle di un provvedimento di concessione di derivazione del bene. Ciò detto, con la legge Galli, tuttavia, non si sono eliminate completamente le possibilità di utilizzare liberamente la risorsa. Infatti è fatta salva la possibilità di utilizzare le acque piovane raccolte in invasi e le acque sotterranee per irrigare giardini o piccoli fondi o per usi domestici. Si noti, tuttavia, che la nuova disciplina ha eliminato di fatto le servitù di attingimento d’acqua nei fondi vicini. Effettivamente, non esistendo più acque private, anche per il prelievo di piccole quantità d’acqua a mezzo di pompe o canali in fondi che non siano in proprietà, occorre essere muniti di un provvedimento di concessione di derivazione e non si può più far affidamento su titoli di carattere privato.
Inoltre, tutte le acque pubbliche appartengono al demanio dello stato (cod. civ., art. 822) ed è la legge a prevedere e disciplinare direttamente il contenuto del rapporto di appartenenza e i poteri relativi. (M.S. Giannini, pp. 85 ss). Il nuovo assetto generalizzato di pubblicità di tutte le acque ha creato una serie di problemi relativi alla tutela prevista dalla cosiddetta legge Galasso (l. 8 agosto 1985, n. 431, oggi trasposta nel codice dei beni culturali, l. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 142, comma 1, let. c). Tale fonte prevede, infatti, la sottoposizione a vincolo paesaggistico di fiumi, torrenti e corsi d’acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico sulle acque e gli impianti elettrici, approvato con r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, e delle relative sponde o piede degli argini, per una fascia di 150 metri ciascuna. Ovviamente la nuova dichiarazione di pubblicità di tutte le acque ha creato dei dubbi interpretativi che si sono però risolti nel senso di ritenere vincolate le fasce di territorio relative a corsi d’acqua che erano state iscritte negli elenchi delle acque pubbliche, così da evitare di sottoporre a tutela tutto il territorio che risulterebbe limitrofo a micro corsi d’acque e colatoi, anch’essi oggi appartenenti al demanio.

Bibliografia

Cerulli Irelli V., Acque pubbliche, in Enciclopedia Giuridica, I, Roma, 1988, ad vocem; De Bellis C., Acque ed interessi territoriali, Bari, 1984; Conte G. B., Gestione delle risorse idriche, in Rapporto di ricerca sullo stato di attuazione della direttiva 2000/60/CE in Italia, Roma, 2007; Jannotta R., Acque pubbliche, in Digesto (discipline pubblicistiche), I Torino, 1987; Giannin M. S., Diritto pubblico dell’economia, Bologna, 1985; GRECO N., Le acque, Bologna, 1983; Lugaresi N., Acque pubbliche, in Cassese S. (a cura), Dizionario di  diritto pubblico, Milano, 2006.

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