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Fuga, punto di

I segni del territorio antropizzato convergono nella fuga, luogo fisico infinitamente lontano ma identificabile (H.J. Ostertag, 1711-1716).
I segni del territorio antropizzato convergono nella fuga, luogo fisico infinitamente lontano ma identificabile (H.J. Ostertag, 1711-1716).

Generalità

Termine dai numerosi significati, molti dei quali non pertinenti all’architettura. In questo campo le sue accezioni più importanti riguardano la disposizione allineata di elementi nello spazio e la convergenza delle rette nella rappresentazione prospettica.

Nel primo caso, per “fuga” si intende la successione regolare di elementi simili sempre più lontani: fuga di stanze, di archi, di alberi indica la loro disposizione in serie numerosa e fitta lungo una dirittura osservabile in prospettiva. Fuga è anche il punto evanescente verso il quale sembrano convergere gli oggetti allineati e le rette che li collimano quando, nel loro susseguirsi, diventano indistinguibili per la grande distanza. In tali accezioni è un luogo fisico indefinitamente lontano ma identificabile, assimilato per le rette orizzontali ad un punto all’orizzonte. È il punto di convergenza delle rotaie e quello in cui si annulla la dimensione apparente delle case in fondo ad un lungo rettifilo.

Nella rappresentazione prospettica, e segnatamente proprio nella prospettiva, la fuga assume però il suo significato più specifico quando indica il punto del quadro (quadro piano di) verso cui concorrono le rappresentazioni dei punti più lontani di un dato fascio di rette parallele: tale punto è detto “fuga” della retta e vi concorre anche il raggio visivo parallelo ad esse. Quest’ultimo aspetto della sua definizione è quello che costituisce, dal Rinascimento in poi, l’elemento maggiormente caratterizzante dell’evoluzione della rappresentazione dello spazio sulla superficie ed è anche il criterio con il quale costruttivamente si individua la fuga delle rette in prospettiva.

Nei procedimenti grafici di costruzione prospettica la fuga si identifica, infatti, in un punto giacente sulla superficie del quadro verso il quale convergono le ‘immagini’ di tutte le rette tra loro parallele. È perciò l’immagine (la rappresentazione) del punto fisico indefinitamente lontano prima indicato. In termini proiettivi, la sua immagine si definisce e si determina come intersezione sul quadro della rappresentazione della parallela alle rette date uscente dal punto di vista.

Storia

I documenti del processo evolutivo della rappresentazione segnano le tappe della progressiva ricerca di corrispondenza tra la realtà e la sua immagine, corrispondenza in gran parte affidata ad abilità pittoriche, ma anche rafforzata dal sostegno scientifico offerto dalla geometria.

In età classica, nel mondo occidentale, la somiglianza aveva raggiunto livelli di raffinata perfezione in ogni aspetto riproducibile, nella raggiunta consapevolezza che l’immagine fosse l’esito dell’intersezione della piramide visiva con la superficie del dipinto. Non altrettanto completa era la conoscenza delle operazioni grafiche necessarie per conseguire con esattezza quel risultato. Solo nel I secolo d.C. il IV Stile Pompeiano si avvicinò al risultato affrontando il tema della rappresentazione del punto di concorso delle rette ortogonali al quadro; non ancora ben individuato in un unico punto, ma in una serie di punti sovrapposti lungo un asse, in cui si sosteneva concorressero gruppi di rette parallele: la cosiddetta ‘spina di pesce’. Per Decio Gioseffi l’intuizione dell’unicità di quel punto era stata in realtà già raggiunta, ma per la sua più generale esplicitazione si dovette attendere il Rinascimento, con Filippo Brunelleschi e Leon Battista Alberti, il primo con la sua ‘costruzione legittima’ che per prima consentì la costruzione geometrica esatta della prospettiva. Secondo alcuni storici (E. Panofsky, J. White) l’unicità del punto di fuga non sarebbe una conquista scientifica, ma l’esito di una ‘forma simbolica’ della rappresentazione, in antico rifiutata in favore di una concezione più fisiologica della visione, meglio riconoscibile nelle prospettive curvilinee. L’ipotesi fu definitivamente smentita dallo stesso Gioseffi.

L’esaltazione degli allineamenti convergenti verso fughe sottolineate da vari espedienti prospettici fu, nel Rinascimento, pratica tanto perseguita da agevolare l’uso della prospettiva come metodo di progettazione, anche al punto da condizionare in parte la stessa architettura.

L’uso dei punti di fuga delle rette, poi anche delle rette di fuga dei piani, è stato alla base delle costruzioni prospettiche insegnate fino alla fine dello scorso secolo. Oggi, con l’uso della rappresentazione informatizzata che consente di eseguire in modo automatico ogni tipo di rappresentazione, la procedura di costruzione grafica della prospettiva mediante punti di fuga è diventata argomento per studiosi e amatori.

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