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Luce, architettura

Definizionen – Etimologia

Dal latino lux, lucis (luce). È un termine utilizzato in architettura con accezioni giuridiche, tecniche, strutturali, estetiche. In senso giuridico per luce si intende ogni apertura senza diritto (iure proprietatis) di affaccio rivolta su un fondo confinante (finestre lucifere, luci; finestre prospettiche, vedute). In senso tecnico si intende l’apertura attraverso la quale la luminosità naturale permea all’interno di un edificio attraverso porte, finestre, feritoie, lucernari.
In senso tecnico-strutturale il termine luce indica la distanza intercorrente tra due piedritti e solitamente superata da una trave la cui altezza è regolata da una proporzione numerica connessa alla luce stessa.
In senso estetico e “compositivo” il concetto di luce coinvolge sia gli aspetti della luminosità naturale che artificiale che qui di seguito sono sviluppati.

Posizioni concettuali

Il concetto che esprime più efficacemente il ruolo della luce rispetto all’architettura fu espresso da Le Corbusier in Verso un’architettura: “L’Architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi sotto la luce. I nostri occhi sono fatti per vedere le forme sotto la luce; ombre e luci rivelano le forme; i cubi, i coni, le sfere, i cilindri o le piramidi sono le grandi forme originarie che la luce rivela; la loro immagine ci appare netta, tangibile, senza ambiguità. È per questo che sono belle forme, le più belle forme. Tutti concordano su questo, il bambino, il selvaggio, il metafisico.” Oltre alla nota definizione di Le Corbusier esistono alcune posizioni concettuali fondamentali da riportare, se si vuole definire un quadro utile di riferimenti sul tema della luce in architettura.
Luce, silenzio, rovine: partendo dall’esempio della storia architettonica delle piramidi, Louis Kahn, scrive: “quando la costruzione diventa una rovina, cioè quando il suo uso si esaurisce, ritorna ad essere chiara e percepibile la meraviglia dell’inizio che ha portato alla sua creazione”; rispetto a questa affermazione Maria Bonaiti, curatrice di un volume che raccoglie di scritti di Kahn, sostiene che l’architetto americano intende “esaltare il potere del silenzio che permette di percepire come l’uomo ha intenzione di esprimersi. La piena bellezza quindi si manifesta dove luce e silenzio si incontrano nell’edificio, ma quando esso si libera del suo servire, assumendo un carattere più elevato.”
Luce, luogo indistinto e indefinito: nel 1993 Francesco Venezia scrive la voce Luce nel Dizionario critico illustrato delle voci più utili all’architettura moderna e, in particolare, cita le pagine dello Zibaldone dei Pensieri di Giacomo Leopardi, nelle quali, attraverso sensazioni luministiche, il poeta esprime il senso dell’indistinto e dell’indefinito: “Da quella parte della mia teoria del piacere dove si mostra come degli oggetti veduti per metà, o con certi impedimenti ecc. Ci destino idee indefinite, si spiega perché piaccia la luce del sole o della luna, veduta in luogo dov’essi non si vedano e non si scopra la sorgente della luce; un luogo solamente in parte illuminato da essa luce; il riflesso di questa luce, e i suoi vari effetti materiali che ne derivano; il penetrare di detta luce in luoghi dov’ella divenga incerta o impedita, e non bene si distingua, come attraverso un canneto, in una selva, per li balconi socchiusi, ec. ec.; la stessa luce veduta in luogo, oggetto ec. dov’ella non entri e non percota dirittamente ma vi sia ribattuta e diffusa da qualche altro luogo od oggetto ecc. dov’ella venga a battere …”.
Luce, locus primigenio: nel definire la luce come uno degli elementi che costituiscono la scrittura architettonica Franco Purini ci rammenta che: “Martin Heiddeger ci insegna che la luce può essere intesa come metafora della radura (lichtung), evocando l’azione ancestrale del diradamento di un bosco – il lucus primigenio –, un’azione che fa penetrare i raggi luminosi nella radura ricavata dal groviglio degli alberi nel momento stesso in cui con questa apertura nasce lo spazio.”
Luce e ombra agenti dello spazio: ed ancora, Alois Riegl nella Grammatica storica delle arti figurative chiarisce il ruolo strutturante della luce nella definizione della forma e della superficie: “luce e ombra, nei loro estremi non sono solo un elemento inessenziale negli oggetti della natura, ma addirittura contraddicono un fondamentale postulato di tutta l’arte miglioratrice della natura: la chiarezza e la compiutezza assolute”.
Luce e ombra, dunque, nella rappresentazione assumono una valenza agente dello spazio. E la ragione del loro esplicitarsi riguarda come noi intendiamo lo spazio, in che modo gli elementi architettonici ne definiscono l’essenza.

Luce in architettura: una questione di tipo culturale

Parallelamente alle componenti metafisiche, filosofiche e scientifiche, rispetto alle quali molti studi sul rapporto luce e architettura sono stati svolti, esistono argomenti sul rapporto fra luce e architettura da ricercare nelle diverse civiltà, latitudini geografiche e periodi storici. Infatti, si può affermare che la luce in architettura sia essenzialmente un problema di tipo culturale, un elemento essenziale nelle interpretazioni simboliche, negli effetti plastici e coloristici e giunge ad identificarsi con lo stesso filtro materico della muratura o con la totale trasparenza della superficie delimitante lo spazio interno ed esterno. Prima ancora degli aspetti simbolici, le modalità con cui la luce viene fatta permeare all’interno di un edificio dipende da ragioni di tipo climatico-costruttive, quindi socio-culturali. In alcuni paesi, ad alcune latitudini, in particolare “nell’Europa meridionale e in aree mediorientali e nordafricane”, afferma Giuseppe Strappa in L’architettura come processo, “l’esteso impiego di forme massive e opache, derivate da sistemi costruttivi dove il gesto del sostenere i carichi coincide con quello del chiudere lo spazio, [stabiliscono] una chiara solidarietà, un rapporto di organica necessità, appunto, tra componenti fondamentali dell’architettura” e continua “l’attuale declino della sperimentazione sull’architettura a carattere plastico e murario, che coincide con la mancanza di ricerca sulle strutture al tempo stesso portanti e chiudenti, dimostra come il carattere autentico di contemporaneità si identifichi oggi con le qualità di leggerezza e trasparenza”. Simos Yannas, accademico greco docente alla Architectural Association di Londra, da tempo sostiene nei suoi scritti l’importanza, soprattutto nelle aree climatiche caldo-umide, dei sistemi bioclimatici progettuali passivi, in particolare l’uso degli shelters, cioè dei ricoveri antistanti gli edifici, i portici e le logge, efficaci per regolare i passaggi di temperatura fra l’esterno e l’interno di un edificio. Questi elementi architettonici (facciate, tamponamenti, schermature, portici) condizionano fortemente anche il passaggio della luce all’interno di un volume edilizio e ne caratterizzano il suo aspetto formale. Le finestre, ad esempio, contraddistinguono l’architettura in modo decisivo. Esse incidono fortemente sull’esito formale delle facciate, caratterizzano il linguaggio architettonico alle diverse latitudini e documentano la cultura abitativa. Aspetti come la dimensione che esse hanno rispetto alla facciata e alla superficie interna delle stanze che illuminano, la posizione del loro montaggio rispetto allo spessore del muro, il loro meccanismo di oscuramento (scuri, persiane, tende), sono qualitativamente determinanti sull’esito di un progetto.

Luce diretta
Fra gli esempi storici più emblematici di architettura che utilizza dispositivi di luce diffusa secondo modalità diretta si annoverano: la Cappella Raymondi a San Pietro del Bernini, dove la finestra ha il ruolo di strumento di regolazione della luce; il coro dell’Abbazia di Saint Denis, dove l’abate Suger progetta con la luce un esempio sublime di architettura gotica. La luce scandisce i volumi delle architetture di Le Corbusier (Couvent de la Tourrette, 1960; Cappella Notre-Dame Du Haut a Ronchamp, 1950) o le architettura residenziali di Louis Barragan e tende a esaltarne le forme, i colori e i volumi. La luce contribuisce al disegno delle facciate di architetture stereometriche o di architettura che fanno un preciso uso di forme astratte: si pensi ai disegni e alle architettura di Giuseppe Terragni, Marcello Piacentini, Giò Ponti, Giorgio Grassi, Antonio Monestiroli, Five Architects e Franco Purini.

Luce indiretta
Il tipo di luce che permea nel Pantheon, in Santa Sofia, nella Domus Aurea o nelle cupole rinascimentali o barocche (si pensi alle cappelle di S. Andrea al Quirinale del Bernini o alla Chiesa di S. Pietro in Montorio e alle modalità con cui la luce entra nell’aula), nelle cupole arabe traforate, è una luce che corrisponde simbolicamente alla contrapposizione e al dualismo fra luce e oscurità, tra luminosità naturale del cielo e pesante oscurità della materia terrestre. Nell’architettura antica, nel Medioevo e nell’architettura bizantina, in particolare, la cupola è interpretata come metafora del cielo. La luce indiretta caratterizza i sistemi di illuminazione in uso nelle tipologie edilizie in cui si svolgono funzioni che necessitano una luce d’ambiente – non direttamente convogliata sulle aree di lavoro o dove si svolgono le funzioni – come musei, biblioteche, sale lettura, chiese, fabbriche e atelier. In questi casi, in fatti, è consuetudine fare uso di elementi lucernari e shed. Fra le tipologie spaziali in cui l’uso della luce diretta ambientale è stata praticata con successo e con attenzione sperimentale dagli architetti troviamo gli studi d’artista. Fra i casi più noti: Le Corbusier, L’atelier vicino al cielo: Maison d’artist (1922); A. Konstantinidis, Casa per il pittore Moralis, isola di Egina, Grecia (1978); C. Scarpa, Gispoteca Canovian di Possagno (1957); J.L. Sert, la Casa patio per il pittore Georges Braque, Saint Paul de Vence (1960); L. Barragan, Casa Studio (1947); P. Zumthor, Casa e atelier a Coira, 2008.
Anche molti musei e chiese contemporanee fanno uso di luce diretta ambientale. In particolare, si pensi a molte delle architetture realizzate da Steven Holl, in cui lo studio fenomenologico dei volumi e della luce è particolarmente sviluppato: il Museo Kiasma ad Helsinki e la Cappella di S. Ignazio a Whashington. Fra gli architetti moderni e contempornei che hanno utilizzato in modo particolaremente espressivo la luce come materiale architettonico citiamo: L. Kahn (Kimbell Museum, le opere indiane), G. Michelucci (Chiesa dell’Autostrada del Sole, Firenze), Tadao Ando (Koshino House, Church of Light). Peter Zumthor ha realizzato diverse opere in cui l’uso della luce interna ed esterna caratterizza la concezione degli spazi architettonici: le Therme Vals e una serie di cappelle di culto: Iglesia del Corazón de Jesús, Monaco (1996); Bruder Klaus Kapelle, Mechernich, Germania (2007).

Luce come arte
La luce viene utilizzata anche come forma d’espressione d’arte, o come espressione progettuale a confine fra l’architettura e l’arte (lighting design). Il colore, inoltre, incluso il bianco – quest’ultimo interpretato dalla lettura estetica di Winkelmann come mezzo di esaltazione della forma – è un altro fattore responsabile del cambiamento di atmosfere e luce nello spazio.

Luce Orientamento
L’orientamento delle costruzioni è un’altro elemento fondamentale del ragionamento che riguarda luce e architettura. Esso è legato alla luminosità naturale ed è sempre stato considerato con grande attenzione fin dall’antichità, dalla fondazione delle città alla realizzazione degli edifici. L’asse eliotermico corrisponde all’orientamento preferenziale delle aperture negli edifici delle regioni fredde e temperate.

La luce come trasparenza
L’aspirazione di realizzare scatole edilizie trasparenti emerge con l’architettura gotica e si manifesta con le sue ardite sperimentazioni strutturali. Negli edifici religiosi tardo-gotici la “luce laterale” filtrata dalle vetrate consente un più diretto contatto tra spazio interno ed esterno. Il Christal Palace di Londra (1851) prefabbricato in ferro e vetro è una delle prime e più note realizzazioni moderne di architetture “trasparenti”, seguita da una serie innumerevole di grattacieli, fino ai più utopici studi ed esperimenti di cupole geodetiche di B. Fuller.

L’illuminazione artificiale
Nell’architettura di interni sono state largamente sperimentate le moderne possibilità di illuminazione artificiale che, con gli apparecchi illuminanti contemporanei consentono variatissimi effetti che rendono lo spazio interno indipendente dalla luminosità naturale, integrandone o capovolgendone gli effetti. La luce artificiale, dunque, è divenuta sempre di più nel tempo un vero e proprio materiale architettonico.

Bibliografia

Bonaiti M., Architettura è. Louis Kahn, gli scritti, Mondadori, Electa, Milano 2009; Capanni F., Spazio Luce Architettura, Noé Edizioni, Firenze, 2009;  Gay F., Photofanie: esattezza della luce e approssimazioni dell’ombra in architettura, in De Rosa A. (a cura), Tra Luce e Ombra, atti del II° seminario di studi Imago rerum – rappresentazioni e architetture, Edizioni Il Poligrafo, Padova, 2004; Le Corbusier, Verso un’architettura, Longanesi, (1a ed. 1923), Milano 1973, p. 16; Portoghesi P. (a cura), Dizionario Enciclopedico di architettura e urbanistica, Roma, 1968; Purini F., Comporre l’architettura, Laterza, Roma-Bari, 2000;  Riegl A., Grammatica storica delle arti figurative, Quodilibet, Macerata 2008; Nencini D., Piazze. Luce e misura, in id., La Piazza. Significati e ragioni nell’architettura italiana, Christian Marinotti Edizioni, Milano 2012; Semerani L. (a cura), Dizionario critico illustrato delle voci più utili all’architettura moderna, Faenza, 1993; Strappa G., Architettura come processo, Franco Angeli, 2014; Venezia F., L’architettura, gli scritti, la critica, Electa, Milano, 1998; Yannas S., Passive and Low Energy Architecture, Pergamon, 1983;  Zammerini M., Il mito del bianco in architettura, Quodlibet, Macerata, 2014.

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