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Neorealismo

Matera, Borgo La Martella, arch. Ludovico Quaroni, 1951-54.
Matera, Borgo La Martella, arch. Ludovico Quaroni, 1951-54.

Definizione

Filone dell’architettura italiana risalente al secondo dopoguerra ovvero al decennio compreso tra la seconda metà degli anni Quaranta e la prima metà degli anni Cinquanta del Novecento ed espressione della cosiddetta “scuola romana” connotata, in quel periodo, dalla ricerca di un linguaggio popolare/populista non distante da quello delle esperienze trascorse dei grandi quartieri periferici di Roma degli anni Venti, come la Garbatella, o delle città di fondazione dell’Agro Pontino. La denominazione è ripresa dal più vasto movimento culturale coevo che interessò il cinema, la pittura, la letteratura, tutte espressioni che fecero dei limiti culturali, sociali e ideologici della “realtà” del momento gli ingredienti di un nuovo linguaggio.

Generalità

Lo scenario nel quale opera il Neorealismo è caratterizzato da un’estrema desolazione provocata, al centro-nord, per lo più dai bombardamenti della guerra mondiale, mentre a Sud da una realtà socio-economica arretrata e cronicizzata dove il problema spesso non è dare una casa a chi l’ha persa, ma a quanti non l’hanno mai avuta. Le proposte risolutive provengono principalmente da Roma e Milano: la prima offre soluzioni “povere” altrimenti definibili “architetture senza pedigree”, realizzate con materiali semplici e tradizionali, dalle forme che riecheggiano l’immaginario collettivo dell’antico borgo medioevale fatto di piccoli cortili, tetti aguzzi e balconcini e con un carattere di “costruita” spontaneità che rasenta a volte il naïf. Un linguaggio, quello romano, che rifugge dal rigore formale del Movimento Moderno non solo per motivi socio-culturali, ma anche ideologici: l’architettura razionalista veniva identificata con un periodo storico, quello fascista, che si voleva fortemente dimenticare. La “scuola milanese”, invece, forse perché lontana dai palazzi del potere destituito o forse perché caratterizzata da una realtà socio-culturale più evoluta, non rinuncia all’eredità moderna e propone soluzioni come il quartiere QT8 (1947-60) a Milano, progettato da Piero Bottoni, avvalendosi della prefabbricazione e della industrializzazione secondo il metodo gropiusiano. Seppure meno rilevante, non va dimenticato in questo quadro sintetico il ruolo che ebbe la “scuola veneta” con l’IUAV, dove emersero a partire dal 1947 figure come Giuseppe Samonà – esponente di un “moderato” razionalismo – e Carlo Scarpa che riuscì a coniugare con rigore la tradizione artigianale locale e la raffinatezza delle istanze borghesi. Tra le tre proposte, quella romana fu vincente essendo l’unica rispondente alle esigenze di una più larga maggioranza sociale. Esempi A fare da propulsore al Neorealismo a partire dal 1949 fu il piano INA-Casa che grazie all’intervento statale costruì gran parte dei quartieri popolari di quegli anni affidandosi alla professionalità degli architetti italiani migliori. Gli interventi più rappresentativi sono il quartiere romano del Tiburtino (1949-54) su progetto di un gruppo guidato da Ludovico Quaroni e Mario Ridolfi e il quartiere La Martella (1951-54) alla periferia di Matera realizzato ancora da Quaroni come capogruppo. Più raffinata la costruzione delle case in viale Etiopia a Roma (1951) a opera di Ridolfi e Wolfang Frankl: qui il linguaggio “vernacolare” viene sapientemente fuso alla lezione moderna. Non è un caso che i primi due esempi non lasceranno traccia nelle generazioni future di architetti, mentre l’approccio ridolfiano avrà eredi.

Bibliografia

Portoghesi P., Dal neorealismo al neoliberty, in «Comunità», anno XII, n. 65, 1958; Tentori F., Quidici anni di architettura, in «Casabella-continuità», n. 251, 1961; Capomolla R., Vittorini R. (a cura), L’architettura INA Casa (1949-1963), Roma 2003; Doria P. (a cura), Ritorno alla città laboratorio. I quartieri materani del risanamento cinquanta anni dopo, Matera 2010.

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