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Convento (storia)

Roma, Collegio romano, pianta. (da P. Letaroully, Edifices de Rome moderne, 3 voll., Paris, 1868, tav. 173).
Roma, Collegio romano, pianta. (da P. Letaroully, Edifices de Rome moderne, 3 voll., Paris, 1868, tav. 173).

Definizione – Etimologia

Dal latino classico conventus, riunione, ma anche comunità, passa a indicare, nel linguaggio della Chiesa, il luogo ubi conveniunt monachi per deliberare collettivamente, poi l’edificio eletto a residenza comune; più specificamente il termine è entrato nell’uso per definire gli organismi abitativi realizzati dagli Ordini mendicanti (Domenicani, Francescani, Agostiniani, Carmelitani e Serviti) a partire dal XIII secolo, con l’eccezione dei corrispondenti Ordini femminili, come le Clarisse, per i quali si preferisce la dizione monastero, e si è esteso poi alle costruzioni dei diversi Ordini di chierici regolari più recenti.

Processo storico

Sotto l’aspetto architettonico e funzionale, il convento presenta gli stessi elementi dell’edilizia monastica tradizionale, cioè, principalmente, oltre la chiesa, la sala capitolare, il refettorio, il dormitorio (organizzato in celle indipendenti), l’infermeria, le officine (cucina, dispensa ecc.), la biblioteca; inoltre dispone, in molti casi, di locali specifici per l’insegnamento e più in generale di spazi accessibili al pubblico, che, insieme alla collocazione urbana o prossima a un centro abitato, ne sottolineano il carattere di apertura verso il mondo esterno.
I Domenicani affrontano il problema di costruire proprie abitazioni fin dai primi anni del secolo XIII e, in quanto canonici, adottano il modello claustrale con i tradizionali ambienti che lo circondano, salva la necessità di adeguarlo alle preesistenze e alle ristrettezze di spazio conseguenti a una collocazione all’interno o a ridosso delle cinte murarie. Le Costituzioni del 1228 impongono precisi limiti all’altezza dei fabbricati, che si vogliono mediocres humiles per rimanere fedeli all’ideale della povertà, ma le celle hanno dimensioni ampie, per potervi collocare oltre al letto un banco di studio, funzionale alla vocazione intellettuale e scientifica dell’Ordine. In alcuni conventi si aggiunge, agli altri ambienti destinati alla vita comune, un predicatorium, locale utilizzato per gli esercizi di predicazione da tenere davanti a un pubblico selezionato.
Diversa agli inizi, e più differenziata, la vicenda dei Francescani che, per il carattere prevalentemente itinerante della originaria fraternitas, non avvertono l’esigenza di sedi stabili, limitandosi a utilizzare abitazioni qualsiasi (loca), anche provvisorie. Ma negli ultimi anni prima e subito dopo la morte di san Francesco, in parallelo con il rapido processo di clericalizzazione dell’Ordine, essi si adeguano ai modelli domenicani, distinguendo tra loca conventualia, relativi ai conventi maggiori, con un rilevante numero di frati, quali sono in particolare quelli nelle città universitarie (sedi solemniores, Parigi, Oxford, Bologna, Napoli, già aperte intorno al 1250), e loca non conventualia, comprendenti gli eremi e le modeste sedi originarie, abitate dai primi compagni di Francesco e poi dalla corrente degli Spirituali, ostili alla realizzazione di conventi monumentali, le quali furono integrate con la costruzione di un chiostro e di pochi altri ambienti solo alla fine del secolo XIV, quando il diffondersi dell’osservanza (fenomeno comune anche agli altri Ordini mendicanti, ma in misura meno radicale) portò ovunque a una nuova fioritura di sedi piccole e umili.
La grande diversità di programmi, di obiettivi e di mezzi nelle costruzioni degli Ordini mendicanti (per cui ancora oggi comunemente si parla di case madri, case generalizie, case provincializie, da cui dipendono i singoli conventi, e di case di studio) come pure il gran numero degli insediamenti (i soli Francescani alla fine del secolo XV contavano in Europa circa tremila conventi) producono una notevole varietà di tipologie e di soluzioni particolari, che tuttavia conservano una propria riconoscibilità.
Caratteristiche comuni agli impianti maggiori sono l’importanza assunta dalle biblioteche, che talvolta occupano un’intera ala del complesso (convento di San Marco a Firenze), o un edificio a sé stante, e il proliferare dei chiostri (sette in Santa Maria Novella a Firenze), con dimensioni, funzioni e forme diverse, quello più esterno destinato alle attività di pubblico interesse.
I vari Ordini di chierici regolari, fondati a partire dal XVI secolo, nel fervido clima della Riforma cattolica, con il programma di restaurare i valori originari della vita religiosa comunitaria (i Teatini nel 1524, i Cappuccini nel 1525, i Somaschi nel 1528, i Barnabiti nel 1530, i Gesuiti nel 1534; dopo il Concilio di Trento gli Scolopi), si votano alla predicazione e prevalentemente all’educazione dei giovani; i Camilliani (fondati nel 1584) dedicano la loro opera alla cura degli infermi. Non tutte le costruzioni di questi Ordini furono e sono chiamate convento; i Gesuiti, ad esempio, usano parlare di case e collegi, ed è evidente l’importanza assunta dagli spazi destinati alle attività scolastiche, ma, nella sostanza, adottano ancora gli stessi modelli degli edifici conventuali, applicandoli, nei centri urbani, a schemi planimetrici più compatti, mediante l’integrazione delle diverse funzioni, compresa la chiesa, in un blocco edilizio unitario (controriforma, architettura della). Ne sono esempi, in Roma, il Collegio Romano e l’Oratorio dei Filippini (Santa Maria in Vallicella). I Filippini sono una comunità di sacerdoti e di fratelli laici, che fanno azione di apostolato proponendo sermoni, letture edificanti e ricreative, ed esecuzioni musicali, in un’apposita sala posta in facciata all’edificio; per le abitazioni adottano uno stile di vita severo, ma non privo di comodità, con appartamenti autonomi, anche di più ambienti (camera da letto, camerino, studiolo, guardaroba ecc.). La novità è ripresa da altri Ordini religiosi, per cui, nel XVII secolo, i maggiori progressi, relativamente al comfort e alla riservatezza, riguardano i conventi, più che le residenze nobiliari tradizionali.
Per l’aspetto esterno, i conventi tardobarocchi si adeguano all’architettura dei palazzi e delle case di abitazione borghesi, risultando quasi indistinguibili da queste ultime, se non per una maggiore semplicità dell’apparato decorativo.
La seconda metà del XVIII secolo vede accendersi, per motivi ideologici e politici, un’aspra polemica contro gli Ordini religiosi, in particolare verso i Gesuiti che sono soppressi con bolla di Clemente XIV nel 1773, e si ha una conseguente riduzione dell’attività edilizia relativa. Ma soprattutto le secolarizzazioni dei beni ecclesiastici, durante la Rivoluzione francese e in epoca napoleonica, e, in Italia, le leggi eversive sabaude e postunitarie del 1866 e 1867 hanno avuto come conseguenza il passaggio di molti conventi storici nelle mani della proprietà privata o demaniale. La natura di “contenitore” propria di questi edifici ne ha consentito in molti casi il riuso con le funzioni più diverse: uffici per l’amministrazione dello Stato, scuole e università, carceri, alberghi ecc. Il fenomeno prosegue nel secolo XX e, a fronte di un numero ridotto di nuove realizzazioni, si accentua con il progressivo decremento delle vocazioni.

Bibliografia

Braunfels W., Abendländische Klosterbaukunst, Köln, 1979; Debuyst F., Il genius loci cristiano, Milano, 2000.

 

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