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Sforzo

Definizione

Nella meccanica delle strutture, si intende con sforzo una sollecitazione o azione interna agente in un determinato punto o sezione in conseguenza di carichi esterni applicati. Gli sforzi sono rappresentati da forze o momenti, ma più comunemente sono intesi come forze (e più raramente momenti) per unità di superficie. Secondo questa ultima definizione, il termine sforzo è usato come sinonimo di tensione. Dallo stato di sforzo in materiale dipende, in relazione alle caratteristiche meccaniche del materiale stesso (legame costitutivo), lo stato deformativo.

Generalità

Gli sforzi possono essere di tipo normale o tangenziale a seconda della loro orientazione rispetto alla superficie su cui agiscono. In un corpo o in elemento strutturale nascono sforzi normali o tangenziali in relazione alla geometria del problema e alla distribuzione delle forze agenti.
Considerando il caso di un’asta soggetta a un carico assiale N la cui retta d’azione coincida con l’asse baricentrico dell’asta stessa, nei punti appartenenti a una qualsiasi sezione trasversale dell’asta di area A (ortogonale alla direzione del carico N) lo sforzo agente è detto sforzo normale σ. L’aggettivo normale indica che la direzione della risultante di tali sforzi è appunto ortogonale alla superficie rispetto a cui tale sforzi è valutato. Il valore medio di tale sforzi nella sezione trasversale dell’asta, perché sia soddisfatto l’equilibrio, è dato dal rapporto tra l’intensità N del carico e la corrispondente area A. Studi sperimentali hanno messo in evidenza come la distribuzione delle sforzi nella parte centrale dell’asta sia pressoché uniforme mentre in corrispondenza delle estremità abbia andamento di tipo parabolico con intensità massima al centro della sezione e valori minimi sul suo contorno. Occorre sottolineare che nei casi in cui il carico applicato N è eccentrico gli sforzi interni in una generica sezione trasversale saranno staticamente equivalenti a una forza baricentrica e a un momento, dove d è la distanza del punto di applicazione del carico esterno dal baricentro della sezione. Ne consegue che la distribuzione degli sforzi sulla sezione non è più costante ma variabile linearmente.
Quando invece l’asta è soggetta a forze trasversali V (cioè ortogonali all’asse dell’asta) nascono, per l’equilibrio, sforzi interni nel piano della sezione trasversale chiamati sforzi tangenziali o di taglio τ. Si definisce sforzo tangenziale medio il rapporto tra la forza V e l’area della sezione A. A differenza del caso dello sforzo normale, la distribuzione degli sforzi tangenziali all’interno della sezione non può più essere assunta uniforme; il loro valore effettivo varia dal valore nullo sul contorno della sezione ad un valore massimo nel baricentro della sezione che può anche essere significativamente superiore al valore medio. Sforzi tangenziali sono presenti comunemente in bulloni, perni e chiodi quando vengono impiegati per unire, ad esempio, due piastre sovrapposte soggette a trazione. Per inciso si osservi che, quando il momento di serraggio della vite con il bullone tiene aderenti le due piastre, a equilibrare la forza di trazione trasmessa, partecipano anche le risultanti degli sforzi tangenziali di attrito, agenti sulla superficie in contatto delle piastre.
La maggior parte degli elementi strutturali sono sottoposti a condizioni di carico più complesse, che originano, nei loro punti interni, condizioni di sforzo multiassiale in cui concorrono più componenti di sforzo.
Per comprendere tali situazioni è necessaria una definizione formale del concetto di sforzo (o di tensione) la cui accezione moderna risale agli inizi dell’Ottocento a opera di Cauchy. Si consideri un corpo solido (o fluido) C in equilibrio sotto l’azione di forze esterne attive e reattive e, con riferimento a un punto P interno al corpo, un piano πn di normale n, che divida il corpo in due porzioni C+ e C-. Le due porzioni attraverso il piano πn si scambiano azioni rappresentabili mediante una distribuzione superficiale di forze. Sia A l’area di un intorno di P nella quale agiscono la risultante F delle forze agenti su A, allora lo sforzo Sn nel punto P secondo la giacitura del piano πn si definisce come il vettore dato dal limite del rapporto tra F e l’area A quando A tende a zero. L’insieme che contiene tutti gli sforzi relativi a tutte le possibili giaciture del piano πn è lo sforzo in P. Sempre a opera di Cauchy si deve la grande intuizione, dimostrata da ragionamenti matematici rigorosi basati sull’equilibrio, secondo cui, per conoscere lo stato di sforzo del punto P per una qualsiasi giacitura del piano πn, sia sufficiente conoscere lo sforzo solo su tre giaciture. Si può quindi dimostrare che lo stato di sforzo nel punto è definito mediante il tensore degli sforzi, rappresentato da una matrice simmetrica di ordine 3 contenenti i tre sforzi normali rispetto a tre giaciture ortogonali e i sei sforzi tangenziali (a due a due uguali) rispetto a tali giaciture.
Per ogni punto del corpo, esistono tre particolari giaciture fra loro ortogonali, rispetto alle quali lo stato di sforzo è definito mediante tre soli sforzi normali, denominati sforzi principali. Essi rappresentano i massimi e minimi valori di sforzo normale al variare della giacitura.
Casi particolari dello stato di sforzo sono lo stato piano (biassiale), per il quale lo sforzo Sn è rappresentato da un vettore appartenente a uno stesso piano al variare della giacitura πn. Nello stato piano di sforzo una componente principale è sempre nulla. Ad esempio le travi comunque siano caricate, secondo le semplificazioni della teoria di de Saint-Venant, presentano in ogni punto una componente di sforzo normale e una componente di sforzo tangenziale non nulle. Lo stato di sforzo monoassiale, ad esempio già visto in precedenza per l’asta soggetta a trazione, è caratterizzato da una sola componente principale di sforzo non nulla.
Altro particolare stato di sforzo da ricordare è quello idrostatico, tipico dei fluidi in equilibrio, nel quale il valore dei tre sforzi principali è il medesimo. Quando in un corpo evidenziamo le direzioni principali di sforzo si osserva come queste siano tangenti a linee, chiamate isostatiche, che formano un reticolo ortogonale. Ne risulta quindi che le fibre del materiale, disposte lungo le linee isostatiche, sono soggette a sforzo di trazione o di compressione interni al solido che equilibrano i carichi esterni agenti.
Otto Mohr (1892) ha introdotto un metodo grafico, tutt’oggi largamente in uso, secondo il quale, in un piano cartesiano σ-τ, le componenti di sforzo normale e tangenziale al variare della giacitura descrivono un cerchio centrato sull’asse delle ascisse. Il raggio di tale cerchio rappresenta il massimo sforzo tangenziale e il centro ha coordinata pari allo sforzo normale medio. Il metodo è di grande utilità per determinare le direzioni principali e gli sforzi principali.
Nelle applicazioni ingegneristiche la determinazione degli sforzi è utilizzata dall’ingegnere come strumento per risolvere il problema della verifica di strutture esistenti e quello di progetto di nuove strutture nel rispetto della sicurezza e dell’economicità. Nella metodologia di progettazione e di verifica alle “tensioni ammissibili” (sforzi ammissibili), per valutare la condizione di sicurezza nella quale si trova la struttura, gli sforzi massimi normale e tangenziale vengono confrontati con i rispettivi sforzi ammissibili del materiale, valutati da opportune prove di laboratorio.
Occorre menzionare che non solamente i carichi esterni applicati sono la causa di azioni interne e di conseguenza di uno stato di sforzo all’interno di una struttura. Le coazioni (ad es. ritiro, precompressione, pretensione, variazioni di temperatura, il cedimento vincolare in strutture iperstatiche ecc.) generano all’interno del corpo uno stato di sforzo autoequilibrato. Tale stato di sforzo si somma a quello dovuto ai carichi esterni e può apportare un miglioramento o un peggioramento rispetto alla resistenza e alla sicurezza della struttura.

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