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Volta

Roma, veduta interna del Panteon, particolare, G.B. Piranesi, 1768.
Roma, veduta interna del Panteon, particolare, G.B. Piranesi, 1768.

Definizione

Struttura di orizzontamento, arcuata e spingente, costituita da una superficie curva, tradizionalmente trova la propria stabilità nel mutuo contrasto che si sviluppa i suoi elementi costituenti (conci di pietra, laterizio o altri materiali) che lavorano a pura compressione.
Più genericamente, può indicare anche le moderne volte sottili (realizzate in muratura armata, in materie plastiche, legno o lamiera) resistenti per forma. Una definizione generica di volta, quindi, non può fare riferimento a un univoco comportamento statico, quanto piuttosto a una forma, più o meno complessa.

Generalità

Naturale estensione nello spazio dell’arco, ogni volta può considerarsi geometricamente scomposta in alcuni elementi base comuni, anche per terminologia, all’arco stesso, ognuno con specifica morfologia e sintassi. Sviluppata tra una superficie esterna, estradosso (piano, gradinato o curvo) e una interna, intradosso (concava, convessa o mista), a seconda della curvatura si distingue in volte a superficie gaussiana positiva (a una sola curvatura), negativa (con due curvature dello stesso segno), nulla e mista (con due curvature di segno opposto). Descrivibili attraverso un movimento di rotazione o traslazione della curva generatrice, si dicono volte cilindriche quelle costituite da elementi ad andamento cilindrico, generate da una traslazione dell’asse lungo una direttrice e volte sferiche quelle formate da elementi sferoidici, risultanti da una rotazione di una generatrice intorno all’asse (asse della volta).
La chiave (cervello o serraglio) è il punto più alto della curvatura della volta, materializzato nell’ultimo concio posto in opera contenuto tra le controchiavi (conci o cunei vicini). La distanza tra chiave e piano d’imposta (superficie superiore dei sostegni, da cui parte la curvatura) è detta freccia (o monta) mentre si definisce luce (o ampiezza, corda) la distanza tra i due sostegni della volta calcolata sul piano d’imposta. La porzione compresa tra piano d’imposta e un’inclinazione variabile tra i 30° e 45° su questo stesso piano (a seconda della forma dell’arco generatore) è la zona più debole della volta e ne definisce i reni (o fianchi), spesso rinforzati con un’aggiunta di carico (rinfianchi) per aumentarne la stabilità e contrastarne le spinte laterali. I conci (o cunei) che poggiano sul piano d’imposta, collegando i piedritti alla volta, sono detti peducci (o pulvinari).

I materiali

A seconda dei materiali costituenti le volte possono essere generalmente in pietra, in laterizio e di concrezione.

Volte in pietra

Le volte in pietra concia, realizzate per giustapposizione di conci cuneiformi, perfettamente aderenti tra loro (stereotomia) e collegati da sottili giunti di malta con funzione di ripartizione dei carichi, per il notevole peso, e la cura costruttiva si trovano per lo più in edifici monumentali. Se presenti, eventuali nervature (estradossate o sporgenti all’intradosso) sono realizzate in pietra più leggera. Più rare le volte in pietra monolitica (mausoleo di Teodorico, Ravenna). Le volte in pietrame sbozzato (con minor resistenza e peso specifico) coprono luci più modeste in edifici comuni. Composte da piccoli elementi si adattano per forma e spessore (il grande spessore dei giunti, disposti radialmente rispetto al centro di curvatura, sopperisce all’irregolarità dei conci) alle condizioni di sollecitazione locale, ottimizzando il proprio funzionamento. In genere di maggiore spessore alle imposte procedendo verso la chiave, la sezione si riduce progressivamente.

Volte in laterizio

Le volte in laterizio, realizzate in mattoni pieni o in laterizi cavi (es. tubi fittili), più leggeri ed economici della pietra, si adattano più facilmente a diverse geometrie, variando il proprio funzionamento strutturale con il sistema di posa degli elementi (longitudinale, trasversale, obliquo e in foglio). Nell’apparecchiatura longitudinale (mattoni disposti secondo piani normali alla curva d’intradosso, paralleli all’asse e passanti per il centro della volta, organizzati in filari fino al cervello) la curvatura viene data dallo spessore variabile dei giunti di malta. La disposizione ad archi paralleli prevede la superficie maggiore dei mattoni sui piani degli archi con diversi orientamenti rispetto al cilindro della volta (su piani normali, inclinati, verticali ma con linea d’imposta inclinata rispetto all’asse).
Nella disposizione secondo archi diagonali si trova generalmente l’apparecchiatura a “spina pesce” (diretta o inversa), tipica della tradizione toscana che permette di voltare la struttura senza l’uso di armature.
Tra le volte in laterizio, quelle in foglio (eseguite con disposizione longitudinale) hanno limitate possibilità strutturali e spesso vengono utilizzate come casseri a perdere per la velocità di esecuzione. Solitamente con curvature molto ribassate o policentriche, sono spesso affiancate da voltine minori nella zona di massimo spessore vicino alle imposte con funzione di puntello (procelle). Tubi fittili (mattoni cavi o vasi di terra cotta impilati e fissati con malta a presa rapida che garantiscono maggiore economicità ed isolamento termico e acustico) si trovano in volte non estradossate e non portanti.

Le volte in concrezione

Le volte realizzate in getto di inerti (caementa) e di malta legante sono dette a concrezione. Tipiche dell’età imperiale romana, sono le più simili alle strutture moderne, anticipando il cemento armato per omogeneità di comportamento, reimpiego delle armature e facilità di esecuzione. La formazione del getto (emplecton) per stratificazione orizzontale in inerti e letti di malta, procede dalla disposizione degli archi principali (radiali, diagonali o paralleli) con centine armate e dei mattoni di ancoraggio sporgenti lateralmente, al successivo tamponamento dei riquadri in calcestruzzo (lacunari per ridurne il peso) e quindi al getto del rinfianco.

La struttura delle volte

A seconda che i muri d’appoggio della volta siano continui o puntuali la volta stessa viene detta continua o discontinua. Geometricamente, le volte si distinguono in:

  • semplici, generate geometricamente da uno stesso elemento, con un’unica superficie d’intradosso (volta a botte, anulari ed elicoidali, coniche, a bacino, a calotta, a cupola, a conca, a vela e strombate);
  • composte o complesse, risultanti da intersezione o composizione di due o più volte semplici, con superficie d’intradosso discontinua, a volte sottolineata da costoloni o nervature (volta a padiglione, volta a schifo, volta a crociera, volta gotiche e lunettate).

La volta a botte

La volta a botte, porzione della superficie laterale di un cilindro, a seconda della figura base (cerchio, ellisse, policentrica) può essere a tutto sesto, ribassata, ogivale. Caratterizzata tipicamente da direttrici orizzontali con asse normale all’arco direttore (volta a botte retta), può avere anche direttrici inclinate (obliqua) o non orizzontali (inclinata). Se le linee d’imposta sono a quote diverse, la volta è detta rampante. Volte a botte di rivoluzione si ottengono facendo ruotare la linea d’arco (appartenente a un unico piano) intorno a un asse esterno alla linea generatrice (se la traiettoria si richiude su se stessa si ha una volta anulare).
La forma tipica della volta a botte è a tutto sesto, di memoria romana, mentre nelle costruzioni di minore importanza si ritrova ribassata o policentrica, dando luogo a strutture meno pesanti anche se con una spinta meno inclinata con maggiore componente orizzontale. Per valutarne la stabilità ci si rifà alla scomposizione della struttura in singoli archi paralleli, risolvibili attraverso la statica grafica, con la suddivisione in conci, il calcolo analitico del vettore peso, la definizione grafica del suo punto di applicazione e la costruzione della linea delle successive risultanti. Come per l’arco, si verifica che la linea funicolare (curva delle pressioni) sia tutta contenuta entro il terzo medio della sezione dell’arco o della volta, procedendo poi alla valutazione dell’equilibrio interno nelle due sezioni in chiave e alle reni (dove la risultante e tensione sono massime). La validità della semplificazione dipende dal modo in cui gli archi sono tra loro accostati nella realtà costruttiva (nel caso, infatti, di apparecchiatura a spina pesce o di volta a concrezione è meno corretto trascurare il funzionamento statico d’insieme e quindi le azioni longitudinali). In alcuni casi si ha una leggera monta longitudinale verso il centro della volta che tende a scaricare parte del carico sui muri di fronte dotando la struttura di maggiore rigidezza longitudinale, utile a limitarne cedimenti e scorrimenti locali.
Le volte a lacunari sono l’evoluzione delle volte a botte arricchite da lunette o nervature, incrociate a formare cassettoni o losanghe che, quando non siano puramente decorative, ne differenziano il comportamento statico. Nel caso della volta a cassettoni la schematizzazione strutturale è a telaio portante costituito dalle nervature, controventato dal “tamponamento” e dalle costolature longitudinali (con il compito di irrigidire le zone intermedie tra gli archi e diffondere i carichi), anche se in realtà, l’ammorsamento tra gli elementi costitutivi determina un comportamento intermedio tra telaio ed arco. Nelle volte a nervature oblique e incrociate la partecipazione di tutti gli elementi al trasporto dei carichi è più evidente e riconoscibile (le nervature stressano le principali linee di tensione).
Un caso particolare delle volte a botte sono quelle lunettate, in genere piccole volte a botte inclinate che intersecano la volta principale e che, ripetute in serie, frazionano la cornice d’imposta in una serie di segmenti riducendola ad un susseguirsi di mensoline su cui convergono le spinte di due lunette contigue (volta a peducci).

La volta a vela

Le volte a vela e a bacino sono geometricamente volte sferiche (impostate su piante quadrate i rettangolari) o ellissoidiche (su piante circolari o ellittiche), ottenute sezionando la superficie con piani verticali. Spesso appoggiate su archi che convogliano le spinte (in genere limitate per le ridotte dimensioni delle corde) su quattro pilastri d’angolo, hanno generalmente un’apparecchiatura a spina pesce.

La volta a crociera

Altre volte più complesse si ottengono sezionando una volta a botte con piani verticali diagonali, passanti per l’asse della volta, e componendo variamente le porzioni risultanti, unghie o fusi. Tra queste, la volta a crociera deriva dall’intersezione di due volte a botte cilindriche componendo tra loro quattro unghie accostate lungo archi diagonali (con o senza nervature) con vertice comune. Composta da una struttura portante principale (due archi diagonali scaricanti il proprio peso sui quattro pilastri d’angolo) e da una secondaria (successione di archi sempre più piccoli dal perimetro al centro, che scaricano il loro peso sugli archi diagonali), la risultante di questi pesi e spinte, che si compongono due a due provenendo da due unghie adiacenti, non è una forza verticale ma inclinata, diretta verso il pilastro d’angolo. La verifica statica procede per via grafica, dal calcolo degli anelli delle unghie, sottoposti al peso proprio e al rinfianco, alla verifica degli archi diagonali o costoloni, caricati dalle due unghie contigue. Questo schema strutturale si discosta dal reale comportamento delle volte a crociera nel caso di volte a concrezione o se le unghie sono a corsi longitudinali. Generalmente più leggera, con spinte concentrate e quindi facilmente contrastabili, permette grandi aperture sui muri perimetrali. Particolari declinazioni della volta a crociera sono la volta a imbuto, volta stella o reticolata, caratterizzate da un elaborato complesso di costolonature che ne caratterizza aspetto formale e comportamento strutturale.

La volta a padiglione

La volta a padiglione, composta dall’intersezione di due porzioni di volte a botte tra loro ortogonali, è formata da quattro fusi accostati lungo le diagonali e con vertice comune. Spesso, a seguito della spinta delle due botti costituenti e in assenza di una nervatura intermedia si generano delle lesioni lungo la curva d’intersezione e quindi lungo l’arco diagonale. Di maggior volume e peso delle corrispondenti volte a crociera o a botte, strutturalmente trasferisce il carico quasi uniformemente su tutti i muri d’ambito (le zone più sollecitate sono quelle centrali e, al contrario della volta a crociera, risultano poco caricati gli angoli). Le volte a schifo ne costituiscono una variante, con archi direttori policentrici o ribassati e comportamento strutturale analogo ma che, per la presenza di una specchiatura quasi piana e molto estesa risulta meno stabile.
Le volte a cappe, ottenute dalla realizzazione di grandi archi in serie poi voltati trasversalmente con campi intermedi (vele) che hanno il vantaggio di elidere reciprocamente le spinte longitudinali. Le volte poligonali, infine, sono lo sviluppo di quelle a padiglione al crescere dei lati d’imposta. La loro stabilità, a rigore, dovrebbe essere studiata considerando la distribuzione delle tensioni nei meridiani e nei paralleli (come nelle cupole), che crea stati di sollecitazione di compressione in chiave e di trazione all’imposta evidenziando lesioni pseudo-verticali in prossimità degli spigoli e a metà di ogni spicchio, ma per dimensioni modeste (5-6 m) e carichi ordinari, possono risolversi come insieme di archi mutuamente contrastantisi in chiave.

Il comportamento statico

La semplificazione delle strutture voltate agli archi principali costituenti è riduttiva dal punto di vista architettonico ma non sul piano strutturale del calcolo. In effetti, il comportamento statico della volta si differenzia da quello dell’arco in quanto lo sviluppo tridimensionale della struttura genera stati tensionali e regimi di trasmissione tra forze orizzontali non presenti nella struttura bidimensionale, peculiari e variabili per ogni tipo di volta, a seconda della forma e del materiale con cui è stata realizzata.
La semplificazione del calcolo all’arco sotteso ne descrive comunque bene il fenomeno fisico che ne garantisce la saldezza, fondando la verifica di stabilità sull’empirismo e sulla meccanica dei corpi rigidi.
La prima preoccupazione per la stabilità, già intuita dai costruttori antichi, è la stabilità del piedritto o del muro d’ambito. La soluzione a questo problema ha portato ad applicare nelle volte dispositivi di trattenimento delle spinte orizzontali, come la costruzione del muro con piede maggiore e il suo proseguimento a riseghe per ridurne lo spessore sopra l’imposta della volta o l’ampliamento della sezione muraria del piedritto con contrafforti localizzati nei punti di concentrazione della spinta.
Altro dispositivo messo in opera durante la costruzione nello spessore della muratura (soprattutto nelle volte ribassate) o aggiunto per il consolidamento della volta, è l’inserimento di tiranti (lignei o metallici) opportunamente dimensionati in base a tipologia della volta, entità delle masse in gioco e possibilità di ripartizione del tiro sulla muratura. Una maggiore stabilità è garantita poi dall’esecuzione di rinforzi alle reni (rinfianchi fino al raddoppio dello spessore ben connesso all’intradosso) o anche di frenelli (sorta di nervatura estradossata) o controvoltine laterali che ne contrastano lo sfiancamento senza aumentarne il peso.
La costruzione delle strutture voltate, a seconda delle forme e dei materiali costituenti, prevede la messa in opera di centinature (con sola funzione di guida geometrica) o armature (con funzione portante) che seguendo la linea di intradosso della volta permettono la disposizione dei materiali procedendo da entrambe le imposte fino in chiave, simmetricamente. Il problema dell’assestamento successivo al disarmo, difficilmente quantificabile perché dipendente dal movimento degli elementi costitutivi e dalla spinta della volta sui piedritti, viene risolto con una rimozione lenta dell’armatura e una graduale messa in carico della struttura voltata, spesso con l’inserimento di cunei sotto gli appoggi (modernamente con l’utilizzo di martinetti idraulici).

Bibliografia

De la Hire P., Sur la construction des voûtes dans les édifices, Parigi, 1713; Méry E., Sur l’equilibre des voûtes en berceu, Parigi, 1840; Rondelet G., Trattato teorico e pratico dell’arte di edificare, Parigi, 1833.

Tipologie di volte.

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