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Dichiarazione inizio attività (DIA)

Definizione

Dichiarazione di inizio attività (DIA) si definisce lo strumento di semplificazione procedimentale e liberalizzazione di attività sottoposte a controllo della pubblica amministrazione, consistente nella presentazione di una dichiarazione da parte del privato cui è subordinato l’esercizio del diritto. Il giudice amministrativo ha affermato che la DIA non è uno strumento di reale liberalizzazione dell’attività privata ma uno strumento che opera sul piano procedimentale per accelerare l’esplicazione dell’attività privata e semplificare quella amministrativa, non comportando una sottrazione dell’attività de quo alla disciplina prevista per essa dall’ordinamento.

Generalità

La dichiarazione di inizio attività (ora segnalazione certificata di inizio attività) disciplinata dall’art. 19, legge del 07.08.1990, n. 241 (s.m.i. in particolare l. n. 122/2010) costituisce il genus della DIA edilizia – denuncia i. a. – contenuta nel T.U. dell’Edilizia (d.p.r. 380/2001) agli artt. 22 e 23. Per il principio di specialità, la disciplina contenuta nel T.U. dell’Edilizia in materia di DIA dovrebbe prevalere su quella contenuta nella l. 241/1990, applicabile solo in quanto compatibile. Il T.U. indica gli interventi realizzabili mediante denuncia: quelli che non sono subordinati a permesso di costruire (non rientranti nell’elenco di cui all’art. 10, T.U.) e quelli che non sono attività edilizia libera (non rientranti nell’elenco di cui all’art. 6, T.U.). La realizzabilità mediante denuncia è subordinata alla conformità dell’intervento agli strumenti urbanistici, regolamenti edilizi e alla disciplina urbanistico-edilizia vigente.
Sono, altresì, realizzabili mediante DIA le varianti a permessi di costruire che non incidono su parametri urbanistici e volumetrie, quelli che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, che non alterano la sagoma dell’edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire.
A questa prima categoria di interventi realizzabili mediante DIA se ne affianca un’altra comprendente gli interventi che possono essere realizzati alternativamente mediante denuncia o permesso di costruire. Quest’ultima comprende gli interventi di ristrutturazione “pesante”, che portano a un organismo edilizio diverso, anche in parte, dall’originario, un aumento di unità immobiliari, modifiche della volumetria o sagoma dell’edificio ovvero mutamenti di destinazione d’uso per gli immobili compresi nei centri storici – zone omogenee A – (art. 10, comma 1, lett. c), T.U.).
Alternativa rispetto al permesso di costruire è la c.d. Super DIA, riferibile a interventi di importanza maggiore. Possono essere realizzati mediante Super DIA le nuove costruzioni o le ristrutturazioni urbanistiche disciplinate da piani attuativi, contenenti precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive. Vi rientrano gli interventi di nuova costruzione (comprendenti sopralzi, addizioni e ampliamenti) in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali con precise disposizioni plano-volumetriche. Le Regioni possono prevedere con legge quali mutamenti degli immobili sono subordinati a permesso di costruire o DIA e quali ulteriori interventi sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire (art. 10, comma 2 e 3, T.U.).
Se gli interventi sottoposti a DIA riguardano immobili vincolati la realizzazione è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell’autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative. Il proprietario presenta allo Sportello Unico per l’edilizia la denuncia, almeno 30 giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, con una relazione dettagliata firmata da un progettista abilitato e gli elaborati progettuali, con cui si attesta la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici, ai regolamenti edilizi vigenti nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. Il progettista rilascia un certificato di collaudo finale da presentare allo Sportello Unico, con il quale si attesta la conformità dell’opera al progetto presentato. Entro 30 giorni la p.a. accerta la sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’attività e in caso contrario lo inibisce. Si applica l’art. 19, cit., comma 3, secondo cui è fatto salvo il potere della p.a. di assumere determinazioni in via di autotutela (revoca e annullamento d’ufficio), tuttavia tale articolo autorizza il privato a iniziare l’attività alla data della presentazione della segnalazione (dopo la l. n. 122/2010 non è più DIA ma SCIA) e offre un termine di 60 giorni alla p.a. per esercitare i poteri inibitori.
La denuncia indica l’impresa affidataria dei lavori e il termine di ultimazione, è subordinata a un termine triennale di efficacia, scaduto il quale è necessaria una nuova DIA anche in caso di parziale realizzazione dell’intervento. Si è dibattuto sulla natura della DIA, la quale è stata considerata provvedimento di autorizzazione implicita. Una pronuncia del Consiglio di Stato (Sez. VI, 09.02.2009, n. 717) ne ha affermato la natura privata, non esplicandosi alcuna potestà pubblica e sussistendo una mera verifica dei presupposti di legge. Il tema della natura della DIA è legato alla tutela dei terzi di fronte all’attività illegittimamente iniziata. La natura provvedimentale della DIA comporterebbe il vantaggio di poter impugnare direttamente la denuncia per ottenerne l’annullamento. La tesi privatistica, al contrario, dovrebbe risolvere il problema dell’impossibilità di impugnare un atto di natura privata; la soluzione sarebbe un’azione di accertamento della mancanza dei presupposti della DIA davanti al giudice amministrativo, per sollecitare la p.a. all’esercizio dei suoi poteri inibitori. La giurisprudenza, tuttavia, ancora non ha risolto la questione.

Bibliografia

Mengoli G.C., Manuale di diritto urbanistico, Milano, 2009; Sandulli M.A. (a cura), Codice dell’azione amministrativa, Sub art. 19, Milano, 2010.

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