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Dorico, ordine

Tempio di Zeus ad Olimpia, l'ordine dorico (elaborazione grafica da Rocco 1994, Tav. V).
Tempio di Zeus ad Olimpia, l'ordine dorico (elaborazione grafica da Rocco 1994, Tav. V).

Origini

Nelle diverse soluzioni formali finalizzate a conferire valenza estetica al sistema costruttivo trilitico, l’ordine dorico è quella evolutasi in Madrepatria e nelle colonie occidentali, aree di cultura prevalentemente dorica, a partire dal VII sec. a.C. Il linguaggio dorico si sviluppa da un iniziale bagaglio lessicale di origine minoico-micenea, in cui si riscontrano influssi provenienti dall’architettura egizia (ad es. la colonna protodorica o il capitello d’anta “a sofà”). Inoltre, si distinguono in età arcaica varianti locali, come il dorico “acheo” di Magnagrecia, che si differenzia per l’adozione di caratteri morfologici diversi (la gola al posto degli anuli nel capitello del tempio di Hera I a Poseidonia); quello siceliota, più simile al dorico della Madrepatria, ma incline ad adottare soluzioni architettoniche originali specie nelle planimetrie; oppure la particolare interpretazione sviluppatasi in età tardo-arcaica nelle Cicladi, area tradizionalmente di cultura ionica, che influenzerà profondamente, specie per le proporzioni, il dorico attico.

Caratteri

In tutte le aree di formazione e specie nelle fasi iniziali, nel periodo in cui si sperimenta l’uso della pietra, le proporzioni generali appaiono pesanti. Nel tempo, acquisita maggiore conoscenza delle caratteristiche meccaniche del materiale e forse per l’incremento dei contatti con il mondo ionico, le proporzioni tendono ad alleggerirsi. Sostenuta dallo stilobate, la colonna dorica, rastremata e dotata di entasis, è priva di base ed è formata da un fusto scanalato, sormontato da un capitello che lo raccorda alla soprastante trabeazione. Al di sotto del capitello, il collarino, pure scanalato, costituisce la parte terminale superiore del fusto, dal quale lo separa l’hypotrachelion.

L’anta dorica, dal fusto rastremato e generalmente privo di entasis, non presenta la base ed è coronata da un capitello formato da un abaco parallelepipedo su di un cyma dorico, con alla base la semplice fascia del collarino. È caratterizzata dall’asimmetria dei risvolti, più ampi verso l’interno, ridotti verso l’esterno. Ciò si spiega con le caratteristiche planimetriche del tempio periptero dorico, in cui l’edificio della cella non è strutturalmente legato alla peristasi (fenomeno del “galleggiamento del naos”). L’ampiezza del risvolto interno dell’anta è quindi determinata dall’allineamento con le colonne presenti nel pronao e inquadrate tra le ante stesse e dal partecipare con queste a sostenere lo stesso architrave; la misura del risvolto esterno, invece, non allineato con le colonne della peristasi, deriva dalla trabeazione che corre lungo i muri della cella e assumerà la larghezza del triglifo angolare e della sottostante regula. La trabeazione si compone di architrave, fregio e cornice.

Nell’ordine dorico, l’architrave è un parallelepipedo liscio coronato da una fascia, la taenia, nel dorico “acheo” di età arcaica sostituita da una modanatura (tempio di Athena a Poseidonia, metà VI sec. a.C.). Sotto la taenia, ad intervalli regolari, si posizionano le regulae, da cui sporgono le guttae (goccia), il cui numero varia con il tempo fino a stabilizzarsi nelle sei di età classica (tempio di Zeus ad Olimpia). Molto di rado, l’architrave può recare una decorazione dipinta o scolpita (tempio di Athena ad Assos, Misia, metà VI sec. a.C.). Al di sopra è il fregio, dove si concentra la componente decorativa dell’ordine, caratterizzato dall’alternanza di triglifi e metope, queste ultime a volte dipinte o scolpite. Nel caso di una peristasi, proprio questa alternanza, insieme con la necessità di disporre in angolo e sull’asse di ciascuna colonna un triglifo, ha creato quello che si definisce “conflitto angolare”, risolto a partire dall’età arcaica con diverse soluzioni (contrazione angolare).

La trabeazione è conclusa dalla cornice, elemento aggettante destinato ad allontanare dai prospetti l’acqua piovana. Nello stesso edificio è possibile distinguere una cornice orizzontale, che corre lungo tutto il perimetro e che sui lati lunghi può essere sormontata da sima o da antefisse, e una cornice frontonale obliqua, pure sormontata da sima, disposta lungo le falde dei lati brevi del tetto, a proteggere le figurazioni dipinte o scolpite del frontone.

Le parti strutturali e funzionali dell’ordine non sono mai a contatto diretto tra loro, ma sono sempre raccordate da profili: la modanatura dorica per eccellenza è il becco di civetta , o cyma dorico, utilizzata a coronamento del gocciolatoio, a raccordare timpano e cornice obliqua, come epicranitis e nel capitello d’anta.

Molto serrata la corrispondenza in verticale di alcune parti della trabeazione, sottolineata anche dalla comune colorazione blu: infatti, regulae, triglifi e mutuli, oltre ad essere della stessa ampiezza, sono posti in esatto allineamento. Il motivo potrebbe risiedere nella derivazione dell’ordine da una primitiva costruzione lignea, di cui gli elementi stessi ricorderebbero parti della carpenteria con i loro reciproci rapporti. La tesi non è universalmente accettata e c’è chi invece ritiene che l’ordine si sia formato attraverso l’assimilazione di caratteri formali maturati presso più antiche ed evolute civiltà, o mutuati da elementi decorativi da tempo consolidatisi nell’arte greca, come il noto “fregio a triglifi”, motivo presente nei palazzi di età minoica e micenea, o alcune decorazioni delle ceramiche di età geometrica.

Sviluppi

L’ordine dorico in età romana fu soprattutto utilizzato per portici o ad inquadrare archi nei fornici architravati. In età augustea, Vitruvio (IV, 3) fornisce prescrizioni sulla sua progettazione mutuandole da tradizioni di età tardoellenistica, per cui, come soluzione al problema del conflitto angolare, suggerisce di porre in angolo una porzione di metopa; anche nelle proporzioni, relativamente snelle, il dorico vitruviano rimanda agli esemplari del periodo.

Gli architetti rinascimentali, seguendo l’insegnamento vitruviano solo in parte, concepiranno un ordine dorico in cui la colonna è provvista di base; le proporzioni saranno più slanciate, anche per la frequente adozione di un piedistallo; la cornice impiegherà varie forme di sottocornice, arricchite da dentelli o modiglioni, per lo più mutuate dall’ordine ionico; l’architrave potrà assumere la configurazione a due fasce dell’architrave ionico (Roma, tempio di San Pietro in Montorio). Come reazione al barocco e al rococò, l’ordine dorico avrà una notevole ripresa nel XVIII e XIX secolo con l’architettura neoclassica e con la corrente “neodorica”, che proporrà un ordine filologicamente aderente all’antico (Possagno, Tempio Canoviano, 1819-1830).

Bibliografia

Mertens D., Città e monumenti dei Greci d’Occidente, Roma, 2006; Payne A.A., The Architectural Treatise in the Italian Renaissance. Architectural Invention,Ornament and Literary Culture, Cambridge 1999; Raspi Serra J., Simoncini G. (a cura di), La Fortuna di Paestum e la memoria moderna del dorico, 1750-1830, Catalogo della mostra, Firenze, 1986; Rocco G., Guida alla lettura degli ordini architettonici antichi. I. Il dorico, Napoli, 1994.

 

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