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Ordini tuscanici rinascimentali comparati (da Chitam R., Gli ordini classici in architettura, London 1985, Tav. 4).
Ordini tuscanici rinascimentali comparati (da Chitam R., Gli ordini classici in architettura, London 1985, Tav. 4).

Definizione

Il termine, che appare per la prima volta in Vitruvio a proposito del tempio etrusco-italico, realizzato appunto secondo le tuscanicae dispositiones (De Architectura, IV.7), indica un tipo di sostegno verticale, colonna o pilastro, diffuso dal VI-V sec. a.C. in area etrusca. Un vero e proprio ordine tuscanico quindi non è mai esistito e solo a partire dai trattatisti cinquecenteschi, soprattutto dopo la codificazione degli ordini architettonici di Sebastiano Serlio (1537), il tuscanico assume la dignità di ordine, per altro spesso impropriamente definito come una variante dell’ordine dorico.

Generalità

Rispetto alla colonna dorica, comunque, quella tuscanica, dal fusto liscio e leggermente rastremato, appare provvista di base, formata da un semplice toro o da un profilo a quarto di cerchio su plinto parallelepipedo, più raramente cilindrico; il fusto sostiene un capitello dall’echino piuttosto rigonfio, sormontato da un abaco a pianta quadrata, simile al capitello dorico, ma anche ad alcuni esemplari ionici arcaici cosiddetti “ad echino semplice” e “a toro” (ionico ordine).
Essendo l’elevato del tempio etrusco costruito in materiali deperibili, legno e mattoni crudi, le forme della colonna tuscanica arcaica sono note per lo più da modelli di edifici (urna cineraria di Chiusi), da architetture funerarie (tomba a camera di Vignanello, con volta sorretta da colonna tuscanica), o da rappresentazioni architettoniche in pitture murali (Tarquinia, tomba delle Leonesse).
Nella trattazione del tempio etrusco, Vitruvio fornisce le proporzioni per la colonna, che deve presentare un diametro di base pari a 1/7 dell’altezza, la quale a sua volta deve nel suo complesso corrispondere a 1/3 della larghezza della fronte dell’edificio. Le basi devono avere un’altezza pari alla metà del diametro inferiore, quantità da suddividere equamente tra plinto e toro; anche il capitello deve presentare un’altezza totale pari a mezzo diametro di base, mentre il lato dell’abaco deve avere un’ampiezza corrispondente allo stesso diametro.
Vitruvio non fornisce invece alcuna indicazione riguardo alla trabeazione; tuttavia, in età romana, alla colonna tuscanica è associata generalmente la trabeazione ionica (Roma, ordine inferiore dei fornici esterni dell’Anfiteatro Flavio, seconda metà I sec. d.C.).
La colonna tuscanica, che forse per la sua origine etrusca ebbe particolare successo nella Firenze medicea a partire da Cosimo I, godette di una notevole diffusione nel Rinascimento, spesso in combinazione con l’opera muraria bugnata o “rustica”; si può riscontrare in opere di Donato Bramante (Roma, ordine del tempietto di San Pietro in Montorio, circa 1510, con architrave ionico e fregio dorico), di Antonio da Sangallo il giovane (Roma, Palazzo Farnese, colonne di sostegno all’atrio voltato, 1527), di Baldassarre Peruzzi (Roma, Palazzo Massimo alle Colonne, 1535, associata a trabeazione ionica).

Bibliografia

Boëthius A., Etruscan and Early Roman architecture, New York 1978, pp. 49-50, 245; Moscati P., Tuscanico, ordine, in Cristofani M., Dizionario illustrato della civiltà etrusca, Firenze 1985, p. 308; Polacco L., Tuscanicae dispositiones. Problemi di architettura dell’Italia protoromana, Padova, 1952; Rosada G., La tipologia e il significato dell’ordine «tuscanico» nell’architettura di Roma, in «Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti», 129, 1970-71, pp. 65-126; Shoe L.T., Etruscan and Republican Roman Mouldings, in «Memoirs of the American Academy in Rome», XXVIII, 1965; Thoenes Ch., Sebastiano Serlio, Roma 1989, pp. 154-163.

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