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Umidità (restauro)

Definizione

L’umidità costituisce una delle cause più frequenti di danni al patrimonio architettonico. Le patologie derivanti dall’umidità – degrado e dissesti – devono essere oggetto di indagini conoscitive e di precise analisi, anche strumentali, per pervenire a una corretta diagnosi ed alla progettazione dell’intervento di risanamento. Per edifici di interesse storico-artistico o archeologico la fase conoscitiva richiede anche ricerche bibliografiche ed archivistiche per stabilire se i fenomeni si siano verificati fin dall’origine della costruzione o si siano manifestati nel corso del tempo.

Generalità

Per contrastare gli effetti dell’umidità fin dall’antichità sono stati adottati specifici provvedimenti: basti citare i consigli di Vitruvio per intonacare gli ambienti umidi con “sgrossatura di coccio pesto”, o creando una controparete con sfiatatoi, o, ancora, utilizzando pezzi speciali in laterizio, le tegulae hamatae e mammatae; a tale epoca risale l’impiego dell’opus signinum per proteggere le parti basamentali delle murature esterne. Analoga attenzione verso tali problemi si ritrova nel Rinascimento e nelle epoche successive: architetti di grande prestigio come Luigi Vanvitelli progettano soluzioni tecniche per isolare e coibentare gli ambienti entro terra. La tecnica del taglio meccanico delle murature per lo sbarramento orizzontale dell’acqua di risalita è presente già nel XIX secolo (Cavalieri, 1853).
Nelle raccomandazioni Normal 1/80 sono indicati i più diffusi danni determinati dall’umidità sui materiali lapidei: alterazione cromatica, alveolizzazione, corrosione, decoesione, degradazione, disgregazione, efflorescenza, erosione, esfoliazione, scagliatura ecc.; il degrado riguarda anche altri materiali costruttivi dell’edilizia storica, quali il legno (infradiciamento per cicli alternati secco/umido) ed il ferro (ossidazione).
Preliminarmente occorre stabilire se le cause dell’umidità dipendono da pioggia battente sulle superfici esterne dei manufatti, da infiltrazioni che dal sottosuolo, per risalita capillare, penetrano nelle fondazioni e nelle murature o emergono sul calpestio degli ambienti a contatto con il terreno umido, da infiltrazioni nelle murature contro terra, da condensazione per scarsa protezione termica, per raffreddamento igroscopico, ecc.
Tutti i fenomeni suindicati derivano da difetti costruttivi o da cattiva manutenzione dei manufatti. Le indagini in situ e le prove di laboratorio utili per indagare sulle cause dell’umidità sono molteplici: quelle per caratterizzare la struttura e le proprietà dei materiali (porosità accessibile all’acqua, coefficiente di saturazione, ecc.); i molteplici strumenti per misurare l’umidità relativa dell’aria (igrometri a capello, igrometri a diffusione, psicrometri, igrografi), la temperatura dell’aria e le temperature superficiali (semplici termometri a mercurio o ad alcool, termoigrografi), l’umidità nelle murature (tubo di assorbimento, scatola di permeabilità, nonché apparecchiature termografiche, rilievi elettromagnetici, ecc.).
Negli edifici antichi le tecniche di intervento devono essere efficaci, ma al contempo rispettare anche i principi del restauro, senza determinare modifiche o alterazioni che incidano sugli elementi costruttivi stratificati. Tra quelle più diffuse per il risanamento dall’umidità si citano i vespai aerati, le intercapedini, i drenaggi, i tagli meccanici, le barriere chimiche, l’elettrosmosi e l’elettroforesi. La loro scelta dovrà tendere all’impiego di materiali compatibili con quelli in opera dal punto di vista fisico, chimico e meccanico.
Simili interventi saranno integrati da trattamenti di pulizia e di protezione.
Nelle aree archeologiche si segnalano, in particolare, la protezione e la sigillatura delle parti sommitali dei muri, nonché la raccolta e lo smaltimento delle acque superficiali, utili per contenere anche i danni della flora infestante che, a causa dell’umidità, attecchisce e si sviluppa.

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