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Harem

Definizione – Etimologia

Anche haramgah, zanana. Termine turco derivato dall’arabo harim, che nell’architettura islamica individua un’area sacra e proibita il cui accesso è regolato da un rigido protocollo. Nella casa o nel palazzo l’harem è la parte più privata, che individua gli appartamenti delle donne e dei bambini, accessibile solo agli uomini membri della famiglia.

Generalità

La prescrizione del velo e dell’isolamento delle donne, elaborata e resa viepiù restrittiva da giuristi e commentatori del Corano sembra sia stata usata per giustificare un sistema che apparteneva più alle civiltà del medio oriente che all’Islam stesso. Le classi urbane più alte mantennero sempre un articolato gineceo al quale appartenevano mogli, concubine, servitù, eunuchi e guardie.
Nel palazzo abbaside di Balkuwara (Samarra, 849-860) l’harem reale è organizzato secondo una sequenza di bayt (unità abitative di appartamenti indipendenti organizzati intorno a una corte). Analoga struttura si trova all’interno del recinto fortificato del palazzo di Lashkar-i Bazar (Afghanistan, X-XII sec.) dove i bayt sono distribuiti in posizione periferica intorno alla corte centrale.
Nell’Ak saray timuride di Shahr-i Sabz (1380) una sequenza di appartamenti privati disposti in una struttura alta sino a sei piani si alternava a orti e giardini con fontane e canali d’acqua. Un labirinto di piccole stanze, passaggi e scale di collegamento costituiva il cuore dell’harem del palazzo safavide di Isfahan (XVII sec.), tutto compreso in una struttura di corti porticate e giardini.
L’Alhambra di Granada mostra una struttura tripartita che comprende la cittadella, il complesso palaziale e le residenze. Quest’ultima costituisce l’harem il cui fuoco è costituito dalla Corte dei Leoni e che comprende i quartieri privati del Sultano, le due sale delle due sorelle e delle Abencerrajes. Il rapporto che si stabilisce tra questi spazi ricorda la relazione tra l’atrium pubblico e il tablinum privato della domus romana.
Nel Topkapi Saray di Istanbul l’harem del XVI secolo era costituito da un labirinto di 44 corti e oltre 200 stanze, suddiviso secondo innumerevoli funzioni, con appartamenti separati per la Regina Madre, per gli eunuchi e per la servitù. Una sezione dell’harem ospita fontane e giardini punteggiati di gazebo e padiglioni estivi, memoria della tenda delle origini nomadi, affacciati sulle coste dell’Asia. L’alcova di Murad III (1578) evoca la struttura di una moschea con la sua cupola su pennacchi e il camino in foggia di mihrab. Nelle vicinanze dei quartieri reali si trova la sala cupolata del trono.
Nell’India moghul del XVI secolo, l’harem del palazzo di Akbar a Fathpur Sikri è suddiviso in tre recinti, luogo segregato dentro tre cerchi concentrici di guardie, le cui donne velate preservavano la sacralità dell’impero. Il primo recinto, un palazzo introverso, ospita attorno alla corte centrale ventiquattro appartamenti e gli altri due recinti ospitano padiglioni e giardini.
L’harem (zenana) dei palazzi rajput dell’India indù nord occidentale è sovente costituito da un palazzo intorno alla cui corte si sovrappongono su più piani appartamenti autonomi ciascuno composto di una corte su cui si affaccia almeno una loggia (tibari) che precede un vano chiuso e privato.

Bibliografia

Hillenbrand R., Islamic Architecture, Edinburgh, 1994; Michell G. (a cura), Architecture of the Islamic World. Its History and Social Meaning, London, 1978; Petruccioli A., Fathpur Sikri. La capitale dell’impero Moghul, la meraviglia di Akbar, Milano, 2007; Tillotson G.H.R., The Rajput Palaces. The development of an Architectural Style, 1450-1750, Oxford, 1987.

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