Monumentalismo e monumentalità
Al fine di inquadrare in modo esteso ed esauriente la problematica relativa all’idea di monumentalismo, è necessario chiarire preliminarmente la differenza che esiste tra tale idea e quella di monumentalità. Si tratta della stessa differenza che intercorre ad esempio tra alcune nozioni come quelle di storicità e di storicismo, di classicità e di classicismo, di modernità e di modernismo. Una differenza importante, perché è funzione di due campi tematici paralleli ma distinti. Campi i quali, se confusi, darebbero vita a punti di vista incerti e approssimativi non solo sull’argomento specifico del monumento, ma soprattutto sulle risonanze che a causa delle vertenze, dei fraintendimenti e delle distanze che la sua presenza e il suo ruolo determinano il momento stesso e il suo significato, hanno sull’intero sistema della cultura.
Monumentalità
L’idea di monumentalità è una categoria fondativa del territorio-paesaggio e della città. Essa indica la presenza in ogni ordinamento territoriale e paesistico, nonché in qualsiasi insediamento urbano, di una componente particolare che si definisce per la sua singolarità in rapporto a una materia edilizia diffusa, ovvero che stabilisce dialetticamente la sua avversità rispetto a quell’edilizia di base, secondo una definizione di Gianfranco Caniggia, identificata dalla sua organizzazione seriale e dall’omogeneità tipologica delle sue parti. In sintesi il territorio-paesaggio, vale a dire quella porzione del mondo fisico che può essere interpretata sia come un sistema strutturale di percorsi e di nuclei insediativi – il territorio-paesaggio – sia come un contesto coerente e riconoscibile di valori ambientali e visivi considerati dal punto di vista estetico – il paesaggio –, e la città sono organizzati in un binomio che unisce, a volte concordemente, a volte conflittualmente, una realtà architettonica composta di individui edilizi regolati da norme, costruiti cioè secondo parametri comuni ed edifici liberi di conformarsi secondo modalità autonome.
Da questo punto di vista la monumentalità è il carattere distintivo degli elementi speciali, quei nodi morfologici attraverso i quali il tessuto residenziale si subordina gerarchicamente rispetto ad architetture particolari come tombe, mausolei, porte e mura urbane, chiese, cattedrali, castelli, edifici pubblici di scala rilevante. La monumentalità risulta quindi da una sorta di salto di scala tematico attraverso il quale la dimensione collettiva della città, che peraltro caratterizza anche il tessuto residenziale, trova la sua rappresentazione più riconoscibile, elevata e in qualche modo permanente, se messa a confronto con la materia abitativa contrassegnata da modificazioni molto più frequenti e radicali.
Monumentalismo
Monumenti e loro caratterizzazione
I tre elementi del monumento
Dal punto di vista architettonico un monumento è caratterizzato da tre elementi i quali, se non sono del tutto prescrittivi, si ritrovano quasi sempre in ogni edificio che rientri in questo genere di manufatti. Tali elementi sono la grandezza, unita quasi sempre alla semplicità dei volumi, la singolarità formale, che spesso è una vera e propria unicità, e una notevole qualità costruttiva, la quale dovrebbe favorire, se non l’eternità, almeno la lunga durata del monumento.
Grandezza fisica
La grandezza fisica comporta una rottura metrica nei confronti delle dimensioni del tessuto residenziale. La misura umana viene trascesa e sublimata come nel Colosso di Rodi e nel Foro di Alessandria, emblemi fuori scala del limite tra terra e mare, tra la città e il suo intorno. La grandezza suscita stupore e meraviglia, ma anche timore e spaesamento. Le tre piramidi che sorgono accanto al Cairo provocano, accanto alla Sfinge, un senso di vertigine che coinvolge il corpo e la mente. Simili a espressioni geografiche, prima che architettoniche, esse emanano un’energia spaziale assoluta, che trasforma la loro mole immensa nella più pura delle astrazioni. Autentici dispositivi cosmici, queste immani architetture segnano con il loro vertice un piano ideale che innalza sopra di sé e al contempo annulla la figura umana.
Singolarità formale
Il secondo elemento che identifica un’architettura monumentale è la sua singolarità formale che, come si è detto, ha spesso come esito l’unicità della forma. Gli edifici speciali appartengono essi stessi a generi tipologici – si pensi alle cattedrali gotiche, caratterizzate da una serie di soluzioni stilistiche simili – ma superano in qualche modo questo loro procedere da uno schema che li organizza attraverso un’accentuazione finalizzata dell’impianto dell’edificio e della sua traduzione tridimensionale, compreso l’apparato dei particolari costruttivi e decorativi. Il Duomo di Strasburgo e quello di Milano appartengono entrambi allo stile gotico, ma non potrebbero essere più diversi. Il primo cerca un rapporto con il tessuto urbano circostante, quasi fosse una sua ingigantita espressione metamorfica, mentre la più tarda architettura milanese si isola dal proprio contesto proponendosi come una presenza difficile da integrare nella città, come dimostra la plurisecolare questione della piazza che la fronteggia.
Solidità costruttiva
Il terzo elemento, la solidità costruttiva, è il più determinante ai fini dell’identità di un monumento, che nasce per sfidare il tempo nell’intenzione di trasmettere il suo messaggio nelle età più lontane rispetto a quella della sua costruzione. Il monumento si pone come un manufatto capace di vivere per secoli o per millenni – è il caso delle piramidi egizie – ma proprio questa lunga durata produce una sorta di suggestivo paradosso. Più gli edifici vivono, più essi subiscono, tranne poche eccezioni, una serie di trasformazioni che li adeguano a nuovi usi. In sintesi essi vivono perché vengono continuamente adattati mediante l’aggiunta o la sostituzione di parti, l’alterazione degli spazi, la predisposizione di nuovi collegamenti tra questi. Il Palazzo di Diocleziano a Spalato ospita al suo interno una città, mentre il Mausoleo di Adriano a Roma, l’attuale Castel Sant’Angelo, ha acquistato, in uno dei periodi più contrastati del Papato, le funzioni di palazzo-fortezza, configurandosi come un roccioso caposaldo a difesa del complesso del Vaticano.
Il rudere
Tra le modificazioni che i monumenti subiscono, quella più irreversibile e radicale è rappresentata dal suo ridursi a rudere, una condizione che segna il soccombere fisico del manufatto a quel tempo che esso voleva sconfiggere. La rovina esibisce la nuova struttura dell’edificio rivelandone così la costituzione interna, l’essenza estrema dei suoi spazi spogliati di ogni dettaglio, il residuo resistente delle sue relazioni con il contesto. Tuttavia, arrendendosi al tempo, il monumento, ridotto a un frammento, o a frammenti di una perduta unità, relativizza lo stesso tempo che lo ha distrutto, sottraendo a esso la sua infinità. In tal modo il monumento, anche se ridotto a resto, nel momento in cui storicizza il tempo che lo ha disgregato ribalta la sua sconfitta in una vittoria, seppure enigmatica e parziale. Esibendo se stesso come principio irriducibile, ovvero ponendosi come l’inizio e l’origine del monumento che era stato, il rudere conquista infatti una sua virtuale eternità. C’è da dire che questo desiderio di eternità è in realtà anticipato dal manufatto prima ancora che esso sia ultimato. Esiste infatti una fase della costruzione in cui l’edificio si presenta come un rudere esibendo l’immagine del suo decadere. Joseph Michael Gandy ha eseguito alcune tavole le quali, ispirandosi alla visionarietà piranesiana, mostrano la Banca d’Inghilterra di John Soane come un’immensa maceria, capace di liberare nei suoi preziosi frammenti una straordinaria carica poetica. Ma se la monumentalità esprime il destino del manufatto come rudere – si pensi alla rovina descritta da Georg Simmel – il monumentalismo tende a negare questo esito finale attraverso un plusvalore iniziale per il quale l’edificio monumentale si duplica specularmente nel proprio simulacro rappresentando il suo ruolo prima ancora di esercitarlo.
Identità del monumento
Storia
Riassumendo quanto detto, si può affermare che ai monumenti pensati e costruiti come tali occorre aggiungere molti edifici che si configurano come altrettanti monumenti a posteriori, altrettanto significativi dei primi. Scorrendo velocemente la storia dell’architettura, non è difficile distinguere civiltà architettoniche nelle quali è prevalsa la monumentalità rispetto ad altre che hanno invece preferito il monumentalismo.
L’antichità
L’architettura babilonese e quella egiziana appartengono senz’altro al secondo tipo, mentre il mondo greco, che ha dato all’umanità edifici straordinari, si pensi soltanto ai Propilei, al Partenone e all’Eretteo, tanto per limitarsi all’acropoli di Atene, non ha quasi mai conferito alla sua architettura una dimensione notevole e una solidità eccedente quella che è propria degli edifici importanti. Anche le vicende del Tempio di Salomone non rivelano che l’antica cultura architettonica ebraica abbia creduto nel monumentalismo, mentre quest’ultimo è stato senza dubbio un carattere decisivo della civiltà romana. La costruzione di ponti, acquedotti, mausolei, archi di trionfo, fori, basiliche, teatri e anfiteatri, ma soprattutto la realizzazione di strade capaci di collegare Roma con i centri più remoti del suo Impero, hanno costruito una tradizione monumentalista. In essa una volontà di autocelebrarsi attraverso efficaci sintesi architettoniche dei valori di base del mondo romano trovava una risposta monumentale anche quando il contenuto del manufatto non lo richiedeva espressamente.
Il Medioevo e il Cinquecento
Nel Medioevo Roma non costruì nuovi monumenti, ma rinnovò il senso dell’antico monumentalismo con le raccolte di informazioni contenute nei Mirabilia urbis. Monumentalista fu la Roma cinquecentesca, mentre quella barocca, a parte l’emergenza della ricostruita mole petriana, coronata dalla cupola michelangiolesca, fu semplicemente monumentale, coniugando i valori spesso pittoreschi del contesto urbano con una fitta disseminazione di autentiche scenografie costruite che non superano mai la scala del tessuto.
Il Settecento e l’Ottocento
È il Settecento il secolo nel quale comincia, con la crescita prima lenta poi travolgente della borghesia urbana, che trovò nell’Illuminismo il suo corrispettivo ideologico, una tendenza al monumentalismo urbano. Se architetture settecentesche come la Reggia dei Borboni a Caserta di Luigi Vanvitelli, e la precedente Versailles, si configurano come presenze monumentali che sfiorano il fuori scala, i giardini e i parchi che le circondano propongono una visione monumentalistica che proietta queste architetture nel territorio attraverso quella “cattura dell’infinito” di cui ha scritto Leonardo Benevolo. Le opere, quasi tutte rimaste sulla carta, degli architetti della rivoluzione come Claude-Nicolas Ledoux, Étienne Luis Boullée, Jean-Jacques Lequeu, propongono un monumentalismo eroico che era stato preannunciato nelle sue linee portanti dalle allucinate acqueforti di Giovanni Battista Piranesi, intrise di uno straordinario senso del colossale.
Anche il tracciato urbano comincia in qualche caso a esprimere tra il Settecento e l’Ottocento una volontà monumentalista. Il piano di Washington di Pierre Charles L’Enfant, del 1791, è una sorta di macchina simbolica che esprime valori civili, solidaristici, antiautoritari e teosofici, mediati dalla tradizione massonica. Il piano per l’espansione di Barcellona, di Ildefonso Cerdà, del 1859, si pone a sua volta come un’esaltazione ideologico-politica dei contenuti democratici di un tipo di costruzione della città il quale, basandosi su un’iterazione assoluta di un modulo-isolato della stessa dimensione, si fa metafora di una concezione ugualitaria dell’organismo urbano. Una simile concezione aveva peraltro ispirato lo sviluppo di New York, nella quale la griglia estesa a tutta la città celebrava anch’essa l’idea che ogni cittadino avesse le stesse potenzialità di progettare e di realizzare il proprio futuro.
Il Novecento